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Ecco il discorso da campagna elettorale di Renzi

Un discorso da campagna elettorale. Questo è ciò che è andato in scena oggi alla Direzione Pd secondo l’esperto di filosofia del linguaggio e di mass media Giovanni Laccetti. 

“Matteo Renzi è ricorso a una serie di artifici di comunicazione come le tante citazioni o il microtargeting perché sapeva di parlare ai suoi elettori”. Pregi e difetti dello streaming o della diretta tv, web, chi più ne ha più ne metta. Bandite le riunioni segrete di palazzo, ora tutto deve andare rigorosamente live, inchinato alla logica della trasparenza.

Ma trasparenza non fa sempre rima con democrazia, come fa notare l’autore tv: “Illudere i cittadini che sia saggio divulgare ogni passaggio dell’azione politica è un modo come un altro per svilire la politica e inoculare la convinzione che chiunque possa praticarla senza alcuna idoneità o preparazione specifica. E’ un modo per trasformare il dibattito sulla cosa pubblica in un reality show nel quale ci immedesimiamo nel nostro beniamino e gioiamo dei suoi successi perché fa e dice esattamente quello che avremmo fatto – o avremmo voluto fare – al suo posto”.

L’Italia delle opposte tifoserie come testimonia l’insanabile divisione tra berlusconiani e antiberlusconiani, l’Italia della spettacolarizzazione della politica, l’Italia dello streaming, una moda che ha preso sempre più piede con il M5S. “Gli interventi in parlamento vengono confezionati con un linguaggio pronto per il web, fatto di slogan e parole forti e la loro funzione è completamente snaturata – spiega Laccetti – non sono più strumenti di esercizio tecnico della democrazia, ma spot pubblicitari a basso costo da rilanciare sui social network. Réclame elaborate secondo la teoria neurolinguistica del curiosity gap (ecco un esempio tratto dalla pagina Facebook del M5S: “Attenzione! Matteo Renzi smascherato! Santangelo del M5S ha fatto questo straordinario discorso. Diffondete al massimo!”, ndr) rappresentano tristemente questa pericolosa deriva”.

Fare politica oggi si è ridotto a questo, continua Laccetti: “Costruire una cornice all’interno della quale ricondurre il discorso. Ma se la politica si riduce a una consultazione costante del proprio elettorato, tutto viene snaturato, anche la direzione Pd che invece dovrebbe seguire procedure diverse”.

Una politica condannata allo streaming? Difficile uscirne perché “si tratta di un dibattito suicida per un politico che volesse intraprenderlo difendendo il proprio diritto alla riservatezza – rileva Laccetti – ogni parola servirebbe soltanto a rafforzare il frame populista che vuole una classe dirigente costantemente impegnata a tramare segretamente ai danni dei cittadini”.

 

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