Ghetto di Mario Piazza su musiche Klezmer rielaborate da Goran Bregovic è uno di quegli spettacoli che vale la pena vedere non solo perché è bello ma perché aiuta a comprendere una cultura: quella degli ebrei in quella parte del Medio Oriente che va dalla Turchia all’Egitto. E’ a Roma, al Teatro Nazionale nell’ambito della programmazione del Teatro dell’Opera, per poche sere dopo ben 500 repliche in Europa e Nord America Il lavoro è il risultato di un percorso fatto nell’affrontare argomenti come la ghettizzazione, l’identità culturale, l’emarginazione.
Da qui l’esigenza di continuare questa ricerca legata ai temi che ruotano attorno all’idea del ghetto. Il Ghetto è anche un luogo di ritrovo dove approdano, si rifugiano, sognano quelli che sono lontani dalla propria terra d’origine e si confondono con chi vive accanto ai propri cari. Il Ghetto come isola di approdo, un teatro delle genti, un luogo dove vivono e si esprimono le esperienze delle persone che si incontrano, in cui le storie di tutti si fondono in un’unica storia dell’umanità. Non un lavoro triste. E’ un lavoro lieto in cui il Ghetto è visto come un accogliente rifugio che diventa casa, un porto sicuro, un luogo di appartenenza. Gli incontri tra le persone ci daranno l’idea delle diffidenze, e allo stesso tempo del bisogno di comunicare e di relazionarsi l’un l’altro. Un bisogno impellente di umanità.
Il Ghetto è un contenitore di emozioni e una tra le più forti che lo animano è la nostalgia che si esprime con un legame che resta nella memoria e nel cuore con un attaccamento viscerale alle proprie radici. La nostalgia è uno dei nodi cruciali delle migrazioni che si intreccia con il desiderio di adattamento alla nuova condizione e alla difficoltà di integrazione, alla perdita delle radici, e al timore di assimilarsi perdendo il proprio patrimonio culturale, sociale e religioso.
Rinasce il ricordo di ciò che è accaduto in un azione che inizia il giorno del matrimonio di David e Sara, vivono a ritroso le memorie di quel giorno felice, circondati dall’affetto dei propri cari e dalla solidarietà della gente della comunità. Una storia d’amore nata nel Ghetto che attraversa momenti di grande gioia e dolore.
La storia di una comunità solidale abituata a convivere con rispetto e tolleranza insieme alle altre comunità religiose.
La Tikvah (personaggio che sembra una citazione di Chagall) accompagna evocando e raccontando la vita e la storia ebraica. Sarà lei a incontrare personaggi poetici e complessi come David e Sarah, gli amici, la gente del Ghetto, la famiglia, il Rabbino e gli altri precettori.
Una lettura del Ghetto interpretata dai danzatori, come espressione dell’energia fisica e mentale. Il tessuto musicale del progetto è basato sulla musica Klezmer, patrimonio di musicisti che per scelta e costruzione sono in continuo movimento quasi a simboleggiare il sogno di libertà che accomuna le genti. La musica Klezmer nasce all’interno delle comunità khassidiche e il frutto del lavoro coreutico ad essa legato nasce dall’inevitabile bisogno di esprimere una identità soffocata in un grido liberatorio che esorcizza il male e ci porta alla positiva volontà di esistere. In un momento in cui tutti dovremmo essere impegnati ad abbattere le barriere sorte dalla paura, dall’egoismo e dalla diffidenza, è nata l’idea di affrontare un argomento come quello della segregazione culturale, sociale e religiosa.
Ghetto non è uno spettacolo narrativo, basato su una drammaturgia che ci riporta semplicemente alla storia dei ghetti, bensì si intende evocare l’atmosfera culturale, psicologica ed umana delle genti zingare, ebree, nere e definite in qualche modo diverse.
“Ghetto” è stato realizzato al Teatro dell’Opera di Sofia, in seguito al Premio per le Performing Arts attribuito a Mario Piazza dall’European Association for Jewish Culture con sede a Londra.
Al Nazionale la Tikvah, figura con chiare citazioni al pittore Marc Chagall, è interpretata dall’étoile Gaia Straccamore, in alternanza con la prima ballerina Alessandra Amato. E’ lei ad evocare personaggi poetici e complessi come i giovani Sarah (Sara Loro in alternanza con Alessia Gay ) e David (Claudio Cocino in alternanza Alessio Rezza, che simboleggiano il futuro. Guida spirituale che anima il ghetto è invece il Rabbino capo, interpretato da Manuel Paruccini che si alterna nel ruolo con Antonello Mastrangelo e Giuseppe Schiavone
Oltre a Gelem, Gelem, sono previste ampie citazioni tratte da Underground del compositore bosniaco Goran Bregovi . Anna Biagiotti firma costumi.