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Grillo visto dai liberali tedeschi

Amburgo, 27 gennaio. Nella Speicherstadt, complesso di magazzini in laterizio rosso della fine dell’ottocento, partecipo ad uno degli incontri della Körber Stiftung.
L’ospite di questa sera è l’europarlamentare e candidato di punta della FDP – il partito liberale tedesco – per le prossime elezioni europee, Alexander Graf Lambsdorff (nella foto, credits Körber-Stiftung/Claudia Höhne). Alla fine del dibattito mi concede un’intervista.
Diplomatico discendente di diplomatici, poliglotta, nato in una delle famiglie più antiche della Vestfalia, nipote di un ex Ministro del Governo di Bonn, Graf Lambsdorff è garbato e affascinante, ma parla con fermezza. Gli chiedo perché abbia scelto la politica. “Per passione, e perché sarei stato utile in Europa”, risponde. Rimarca però la sua indipendenza anche dal partito: “La politica non mi serve per vivere. Al contrario di altri ho una professione”.

IL MOMENTO DIFFICILE PER I LIBERALI TEDESCHI

È un momento difficile per i liberali. Reduci dalla sconfitta elettorale di settembre, fuori dal Bundestag, azzerati i vertici, la FDP è in cerca di autore e deve riposizionarsi con un’offerta politica chiara davanti ad un elettorato deluso. Graf Lambsdorff, terzo nella catena di comando del partito e poco compromesso con la vecchia dirigenza, potrebbe svolgere un ruolo chiave nella ripresa.

“I liberali servono alla Germania e sono necessari in Europa – dice e continua – a Bruxelles siamo una pattuglia nutrita di Commissari, come Olli Rehn. Con le nostre idee, abbiamo contribuito al successo delle azioni di risanamento avviate nei confronti dei paesi in difficoltà. Oggi, Spagna e Irlanda sono fuori del meccanismo di salvataggio e non hanno più bisogno di aiuti. Aiuti contro riforme, la nostra linea si è dimostrata efficace”.

SOLIDARIETA’ EUROPEA

Secondo Graf Lambsdorff, non esiste un problema di mancanza di solidarietà tra gli europei. Oggi, dice “nessuno Stato dell’EU può avanzare da solo. L’integrazione è necessaria perché separati non contiamo su scala globale. Inoltre, è inutile opporci alla globalizzazione. Chi parla di un possibile ritorno alla dimensione nazionale non solo sbaglia, ma dice una cosa semplicemente impossibile. Gli europei contano dove parlano con una voce sola, ad esempio il commercio internazionale. Non accade con la politica estera o la difesa”.
Qui sorge spontanea la domanda sui populismi montanti in Europa, accomunati proprio dal leitmotiv del recupero delle dimensione nazionale; la Francia di Marine Le Pen, Geert Wilders in Olanda, o anche Grillo da noi.

GRILLO CHI?

“Grillo chi?”, correggo, il Movimento 5 Stelle. “Giusto, il comico”. Troppo accorto per fare gaffe, Graf Lambsdorff aggiunge subito “comico nel senso che questa era la sua professione prima della politica”. Non intende urtare la sensibilità degli italiani. Il socialdemocratico Steinbrück, per la battuta sui clown dopo le politiche dello scorso anno si vide cancellare un incontro dal Presidente Napolitano in visita in Germania.
“La situazione in paesi come la Francia o l’Italia è degenerata – il malessere sociale è forte e avvertito – per cause esogene e endogene. Se sulle prime si poteva fare poco, su quelle interne la politica avrebbe dovuto agire e prepararsi con le dovute riforme. Sono paesi molto conflittuali. In Francia, ad esempio, non vedo forme di collaborazione tra le parti sociali, né voci costruttive. I sindacati non hanno un ruolo propositivo. Si oppongono, si dicono molti no. Mi sembra manchi un modello di collaborazione e gestione delle vertenze, che invece secondo me c’è in Germania.
Da noi abbiamo una buona collaborazione tra capitale e lavoratori, abbiamo realizzato negli anni riforme importanti, anche difficili da spiegare all’elettorato, come quelle dell’Agenda 2010 oppure quando siamo intervenuti per assicurare una maggiore flessibilità del lavoro. Le parti sociali hanno contribuito a questo processo; i sindacati non si sono arroccati in difesa del passato e hanno capito i piani del governo.
In Francia mi sembra che i sindacati cerchino lo scontro. Con un tale grado di conflittualità il sistema non è più in grado di riformarsi e restare competitivo; smette di crescere. La stagnazione produce disoccupazione e questa alimenta la frustrazione nei ceti sociali deboli o colpiti dalla crisi. La popolazione cerca sempre un capro espiatorio cui addossare la colpa e si affida a chi promette soluzioni facili e comprensibili. Basta uno slogan convincente. Si può dire che il nemico è l’Europa oppure l’euro, l’Islam o l’immigrazione. Però le cose non sono affatto così semplici e noi politici dobbiamo assumerci la responsabilità di spiegare questo senza cercare consenso. Chi non lo fa, insegue interessi propri”.

CONFRONTO CON LA PAURA

L’europarlamentare continua “capisco la forte reazione contro Bruxelles che accomuna tutti questi movimenti. Succede anche in Italia. Siete un paese incredibile, con eccellenze in tutti i campi, una delle burocrazie più preparate d’Europa”. Graf Lambsdorff si riferisce ai grandi commis di Stato, Mario Draghi o Mario Monti il cui governo considera un’occasione mancata per l’Italia. “Avete una delle prime strutture industriali del continente eppure non sapete mettere in moto le riforme di cui avete assolutamente bisogno. Un potenziale enorme cristallizzato”.
A conclusione del suo ragionamento, Graf Lambsdorff sottolinea: “Le popolazioni europee devono confrontarsi sempre di più con la propria paura. Soprattutto di stare peggio, di perdere potere d’acquisto, di non lavorare, dell’immigrazione. I paesi in crisi, quelli del sud, si sono trovati a dover gestire deficit e debiti fuori controllo con interventi drastici e immediati. Gli interventi di austerity servivano direttamente e nell’immediato per fare fronte alle spese dello stato sociale di questi paesi, per pagare insegnanti, infermieri e servizi. Non c’era tempo per fare altrimenti. Era una situazione di emergenza. Ora bisogna rimettere in moto il processo delle riforme strutturali. Per cambiare le cose e riportare equità sociale”.

LA STRATEGIA DELLA PAZIENZA

E qui Graf Lambsdorff si fa ancora più serio e continua: “combattere la corruzione o ridurre l’evasione aiuta a ridistribuire il peso dei sacrifici sulla popolazione e garantisce maggiori opportunità ed equità per tutti. Io sono un liberale e credo nell’Europa delle opportunità, dove ognuno può cercare la propria occasione. Però bisogna prima cambiare il sistema, in questi paesi. E ci vorranno anni. Ecco perché abbiamo voluto imporre delle condizioni per attivare le politiche di aiuto ai paesi in crisi. Aiuti contro riforme era un modo di assicurare che si faranno le riforme necessarie per far ripartire i paesi in difficoltà, per restituire competitività ai sistemi economici”.

Graf Lambsdorff conclude dicendo che “bisogna avere pazienza. Serve una strategia della pazienza e dobbiamo essere capaci di spiegare questo ai nostri popoli. Questo è il compito più difficile”.


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