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India, Stati Uniti e non solo. Tutti i guai delle Tlc cinesi accusate di spionaggio

La Huawei è sotto la lente del governo indiano. Il colosso cinese delle telecomunicazioni è accusato di intrusioni nella rete della compagnia telefonica statale Bharat Sanchar Nigam. “Il governo ha costituito un comitato interministeriale per indagare sulla vicenda”, ha spiegato ai deputati il sottosegretario alle Comunicazioni, Killi Kruparani.

L’INDAGINE IN CORSO
Il caso era stato sollevato lo scorso 30 dicembre da The Hindu. Il quotidiano riferiva di un’indagine avviata dal dipartimento per le Telecomunicazioni e dalle agenzie di intelligence sulla presunta intrusione nelle rete della BSNL e del tentativo di sabotare l’espansione a Rajahmundry, nelle coste dell’Andhra Pradesh.

LA CONCORRENZA CON HUAWEI
A preoccupare i servizi di informazione sono sia la posizione dello Stato indiano sia le attività nella regione della guerriglia maoista. La vicenda potrebbe inoltre nascondere la concorrenza tra Huawei e un’altra società cinese, leader del settore, la ZTE, che nel 2012 era entrata nel progetto di espansione aggiudicandosi il bando di gara per la fornitura di dispositivi alla BSNL, cui anche i connazionali avevano partecipato.
Se i sospetti dovessero essere confermati, per l’India si tratterebbe della prima indagine che mette in mezzo i due colossi della Repubblica popolare. “La Huawei India nega ogni coinvolgimento in presunti casi di intrusione”, scrive in una nota il portavoce Suresh Vaidyanathan.

IL BLOCCO DELLE IMPORTAZIONI
Già nel 2010, ricorda l’agenzia Reuters, il governo di Nuova Delhi bloccò l’importazione di componenti cinesi per timore che potessero nascondere tecnologia per lo spionaggio. Un divieto venuto meno quando i produttori cinesi accettarono maggiori controlli. Le società di telecomunicazioni cinesi sono considerate un potenziale rischio per la sicurezza nazionale da diversi Paesi, Stati Uniti in testa.

I TIMORI AMERICANI
È del 2012 l’esortazione di una commissione del Congresso statunitense alle aziende americane affinché non facessero affari con Huawei e ZTE, considerate troppo vicine al governo di Pechino e all’esercito. Lo stesso fondatore di Huawei, Ren Zhengfei è un ex ingegnere militare, che entrò nel Partito comunista cinese nel 1978.
Le preoccupazioni statunitensi, e il bando di fatto contro le due società, si ripercuotono anche sugli accordi tra i cinesi e gli alleati di Washington. Secondo quanto riporta il Korea Times, il governo di Seul potrebbe intervenire sull’accordo tra Huawei e LG Uplus, l’operatore di telefonia controllato dal gruppo LG, uno dei grandi conglomerati che dominano l’economia sudcoreana.

LE CONVERGENZE TRA PECHINO E SEUL
La spiegazione, come spiegato da una funzionario del ministero per la Scienza e le Telecomunicazioni, sta proprio nei timori che Washington e Londra nutrono verso i dispositivi made in China. LG ha confermato l’accordo con Huawei.
I dispositivi cinesi a basso costo, spiega una fonte di Lg al quotidiano coreano, servono a LG per raggiungere l’obiettivo di diventare uno tra i principali provider per le reti 4g LTE. L’eventuale rescissione potrebbe inoltre comportare penali pesanti e incidere sui rapporti tra la Cina e la Corea del Sud. Da parte cinese, invece, il Sud della penisola coreana è assieme all’Europa, il mercato di riferimento.

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