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Il varietà del venerdì sera: zoom zoom zoom !

Zoom Zoom Zoom ! Ricordate Mina ? Ah se i programmi TV facessero ancora un po’ di varietà. Che poi il varietà era bello proprio perché il nome nel coniugarsi al femminile era plurale, includente, sorprendente e divertente. Bello.
Ho rivisto sul web l’intervista di Daria Bignardi ad Alessandro Di Battista del M5S. Alle Invasioni Barbariche. Che è talk e poco, poco varietà. L’ho rivista una seconda volta e a un certo punto ho colto un dettaglio. A un certo punto, verso la fine dell’intervista, mentre la Bignardi incalza Di Battista sulle simpatie del padre per i fasci littori, la camera, che fino a un momento prima riprendeva il profilo dei due la Bignardi e Di Battista, si abbassa e riprende con tanto di zoom il piede di Di Battista. Zoom Zoom Zoom ! E mi è tornata, penso capiti anche voi, una musica in testa. Zoom zoom zoom.
Già perché lo zoom è rivelatore della costruzione scenica che veste le parole e quindi si fa contenuto più di quello semantico. E’ ovvio che lo zoom voleva cogliere, in quel muoversi del piede che dondolava, l’imbarazzo che Di Battista sembrava non tradire sul volto e nelle parole. Ecco che la camera partecipava con le domande a un’architettura ben precisa e ben congegnata dell’intervista. Manco fosse una macchina della verità che eleggeva il piede del pentastellato ad ago di un sismografo che nell’ampliare la pancia dell’oscillazione doveva svelare allo spettatore l’umore e l’indole che, dietro la parole, Di Battista dissimulava.
E quello delle camere che scendono sotto ai tavoli dei talk è vizio vecchio. Specie quando l’intervistato è di sesso femminile. Quanti, quanti tacchi 11, e 13 sono stati inquadrati con lo zoom. Perché se l’abito non fa il monaco, il tacco non fa la monaca. E così lo zoom fa del talk un varietà. Zoom Zoom Zooom!

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