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Innerhofer, Zöggeler e non solo. Ecco perché i campioni dovrebbero ispirare la politica

Pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito sulla Gazzetta di Parma

Sei centesimi di secondo. È il tempo, inafferrabile, che avrebbe potuto trasformare in oro la già splendida medaglia d’argento conquistata da Christof Innerhofer (nella foto) alle Olimpiadi di Sochi. Gli italiani semplici e di provincia, alla Innerhofer da Brunico, Alto Adige, confermano di saper vivere da campioni nel mondo che cambia. Inseguono l’attimo fuggente, vogliono vincere.

Per restare nello sport (e al solo fine settimana appena trascorso), ecco il titolo europeo conquistato dalla nostra Nazionale maschile di calcio a cinque proprio ai danni della Russia, l’organizzatrice dei Giochi invernali in corso. E poi l’ottava semifinale in nove anni raggiunta dalla Nazionale femminile di tennis, che ha battuto gli Stati Uniti.

E poi Fabio Fognini, che è diventato il quattordicesimo tennista più forte al mondo. E soprattutto la sesta medaglia di fila in sei Olimpiadi di fila appuntata al petto del carabiniere Armin Zöggeler, detto il Cannibale, perché in vent’anni di slittino se li è divorati tutti. Nessuno mai come lui, l’uomo nella leggenda.

Non c’è disciplina -e il termine non poteva essere più azzeccato-, in cui gli italiani non dimostrino coi fatti d’essere bravi. Capaci di dirigere le principali orchestre del mondo, di condizionare lo stile della moda, il piacere del mangiar bene, il bel canto lirico e pop, la tecnologia per lo spazio, l’intelligenza nell’intraprendere ovunque e, cosa che non guasta, la competizione sportiva di passione e di perizia.

Ma nessun Innerhofer, nessun Zöggeler, nessun Riccardo MutiLaura Pausini passano le loro giornate a chiedere “verifiche”, a immaginare “rimpasti”, a sperare -a proposito di sport- nelle “ripartenze”.

Sei centesimi di secondo rendono patetico il modo e il mondo di Enrico Letta più tutti i politici che sfogliano la margherita dentro e fuori dal governo. Si parla di una classe dirigente ancora convinta che le crisi economiche s’affrontino non già con decisioni rapide e coraggiose, da discesiti azzurri, da Cannibali che scendono a 135 chilometri sul ghiaccio fra le curve di montagne mai così “russe”, bensì “aprendo un tavolo”, come Lorsignori hanno ribattezzato gli incontri per parlare.

C’è l’Italia degli italiani comuni e straordinari, che in casa e all’estero affrontano ogni tipo di sfida, spesso vincendola alla grande. E c’è l’Italia di Letta con tutte le sue lumache e tartarughe: l’eterno balletto. Un’Italia pigra e imbalsamata, senza velocità, che non accompagna la nazione in cammino. Che da due anni non sa come liberare i nostri due marò “sequestrati” in India con l’inganno, e trattenuti in barba al diritto nazionale e internazionale. Per questo scandalo planetario siamo ancora al “reagiremo”, ultima promessa di un governo che, come il precedente, s’è fatto mettere all’angolo con incompetenza.

Un’Italia chiusa nel Palazzo e nelle auto blu ridipinte di grigio. Un’Italia che si attarda in riti stanchi e inconcludenti, che “tratta” sempre e su tutto, sperando di mummificare anche il nuovo arrivato Matteo Renzi. È giovane, figlio dell’epoca presente in cui l’apparire conta più del messaggio. Ma lui almeno ha capito che in politica, come nella vita, i tempi sono tutto. E perciò vuole una riforma elettorale e costituzionale oggi e subito, anziché perpetuare il trentennale dibattito politico-parlamentare sul nulla che il nulla ha partorito.

Quell’attimo fuggente, che in un’Olimpiade separa l’oro dall’argento o dal bronzo, distingue pure la buona dalla cattiva politica sul podio. E comunque la lascia giudicare ai cittadini e agli elettori. Ma se gli eletti non decidono, che potremo mai giudicare?

Viene da chiedersi, allora, perché la politica italiana, e soltanto italiana nell’intera Europa, non riesca a tenere il passo avanzato e sicuro della sua società. Perché solamente noi, e noi solamente, non sappiamo inventarci governanti che governino, confermandoli o mandandoli a casa fra un’Olimpiade elettorale e l’altra. Persino il Cannibale, che pure è il Cannibale, sa già che un giorno, speriamo lontano, si ritirerà dalla scena. Gli italiani comuni e di provincia sono fatti così: riconoscono anche il momento di andar via, e vanno via con dignità.

Viene da chiedersi quando avremo un governo che darà importanza a sei centesimi di secondo.

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