La Cina delle opportunità. Un Paese immenso, quasi 10 milioni di mq, una superficie grande 32 volte l’Italia e tre volte l’India. Con una popolazione che ha sfondato la quota di un miliardo e 300 milioni di persone, il Pil che cresce ancora intorno all’8% – mentre l’Europa nel 2013 ha avuto incremento inferiore al 2%, per non dire dell’Italia, la cui ricchezza si è ridotta di quasi due punti percentuali. Numeri monstre che a chiunque farebbero venire voglia di parteciparvi. “Il messaggio che vogliamo dare è tutti ce la possono fare in Cina”, ha detto Cesare Romiti, presidente della Fondazione Italia – Cina che il 5 febbraio a Milano ha ospitato il settimo Forum sulle storie di successo di imprese domestiche nel Celeste Impero.
OSTACOLI NEL CAMMINO VERSO L’ECONOMIA DI MERCATO
Ovviamente, non è oro tutto quel che luccica e le criticità non mancano. Da quelle legate alla cultura, ai rischi di tipo sistemico, come la potenziale bolla immobiliare, fino a questioni demografiche che condizionano l’economia nella sua interezza. “La prima criticità – sostiene Fabrizio Guelpa, responsabile del servizio studi e ricerche di Intesa San Paolo – è che il peso dei consumi sul Pil è ancora troppo basso; la seconda è l’inquinamento ambientale e la terza l’invecchiamento della popolazione”. Tutti solchi in cui, in ogni caso, chi fa business può tentare di piantare il suo seme. Anche perché con il 12esimo Piano quinquennale che il partita Comunista ha varato a fine 2013 molte cose cambieranno e la Grande Muraglia tenderà sempre più verso un’economia di mercato, in cui il benessere delle persone assumerà un ruolo sempre più di primo piano rispetto alla corsa folle alla crescita e in cui la ricchezza si baserà sempre meno sulle rendite e sempre più sulla produzione.
RICCHI CON 12MILA EURO ALL’ANNO
“Dunque, i consumi sono bassi – continua Guelpa – ma le famiglie benestanti, ovvero quelle con un reddito di 100mila renmimbi, circa 12mila euro, anche se sono relativamente poche, vogliano spendere. E cosa cercano? Essenzialmente alta qualità. I beni le cui vendite aumentano soprattutto nell’alta gamma sono profumi e prodotti per la pulizia, mobili di design, beni agricoli. L’Italia, ovviamente può e deve cavalcare quest’ondata”. Anche se il piccolo Stivale fa fatica e nonostante l’export aumenti, ad esempio nella meccanica, la quota di mercato non regge, esclusi la moda e il design, su cui appariamo ancora imbattibili.
IL BUSINESS DELL’INQUINAMENTO
“Poi c’è il problema delle emissioni – spiega ancora Guelpa – che hanno tassi di crescita enormi, per quanto anche la costruzione di impianti più efficienti corra. L’Ocse prevede che nel 2030 800 milioni di persone in Cina vivranno in aree con alto pm10. Con interventi aggressivi si arriva a 500mila persone. Come si interviene? Con i beni ambientali, ovvero tutto ciò che aiuta l’efficienza energetica, con il trattamento dei reflui e con le rinnovabili. Filiere in cui l’Italia è forte”. E infine c’è il tema dell’invecchiamento, tanto importante, che l’ultimo Congresso del partito Comunista ha alleggerito la politica del figlio unico. “Negli anni sessanta i bambini erano il 40% – conclude l’analista – oggi sono il 20% e gli ultrassessantacinquenni sono il 65%. Questo farà aumentare la spesa sanitaria, portandola al 7% del Pil (dall’1% attuale, ndr) come in Giappone che ha seguito dinamiche simili. Nelle tecnologie biomedicali, per cui la Cina è il terzo importatore dopo Usa e Germania, abbiamo alcune eccellenze”.
DAVIDE ALLA CONQUISTA DI GOLIA
La nuova Cina chiede soprattutto servizi. E non è più la fabbrica del mondo. Ma un luogo evoluto e complesso che apre le porte a tutti coloro che siano in grado di rispettarlo e ascoltarlo. Intanto, la quota degli investimenti italiani in Cina nel 2013 è stata di 316 milioni di dollari, con una crescita del 28,92%, che recupera parzialmente il -36,62% del 2012 sul 2011. Sul territorio ci sono 1100 filiali italiane con 85mila addetti. Il 37 per cento imprese italiane in Cina ha fatturati da 10 e 50 milioni, circa il 30% ricavi inferiori ai 10 milioni. Sono le nostre pmi polverizzate e coraggiose, Davide contro Golia, che lo blandisce e lo conquista sul suo stesso terreno di gioco. “Possiamo dire – conclude Romiti – con certezza che il successo non dipende dalla dimensione dell’azienda o dal settore di appartenenza ma dalla visione strategica, dalla programmazione e conoscenza del mercato, e dalle risorse umane e materiali impiegate”.