Skip to main content

Intesa Sanpaolo & Co, tutti pazzi o quasi per la bad bank alla Financial Times

L’indiscrezione era nell’aria da tempo tra gli addetti ai lavori, ma è entrata di forza nel dibattito pubblico con un lancio dell’agenzia Reuters di ieri, ripresa oggi dal britannico Financial Times, secondo cui Intesa Sanpaolo starebbe per creare una bad bank interna con 55 miliardi di euro di prestiti in sofferenza.

L’ANNUNCIO DI MESSINA
Il quotidiano della City ribadisce così quanto annunciato pochi giorni fa dal ceo del gruppo bancario Carlo Messina, impegnato a definire un piano di taglio delle partecipazioni di minoranza dell’Istituto – tra cui Alitalia e Telecom, come spiega Il Sole 24 Ore – per un valore di circa 2 miliardi di euro, che verrà presentato il 28 marzo prossimo quando sarà illustrato il nuovo piano industriale triennale.

I CONSIGLI DI MEDIOBANCA SECURITIES
L’idea di Ca’ de Sass non è però una novità di queste ore. Già a marzo 2013 un report di Mediobanca Securities, gruppo londinese di analisti diretto da Antonio Guglielmi, invitava anche a emulare la Spagna nel chiedere aiuti alla Banca centrale europea con l’obiettivo di depurare gli istituti finanziari italiani dalle perdite derivanti da derivati e altri asset di cattiva qualità grazie all’intervento del fondo salva Stati europeo, come ha fatto Madrid. Un’ipotesi vista con occhio poco benevolo dall’Associazione bancaria italiana, come rilevava Dagospia.

NON SOLO INTESA
Seguendo allora le indicazioni del centro studi londinese, il tasso di copertura dei crediti dubbi del sistema sarebbe salito (ma i numeri sono pressoché simili ancora oggi) al 50 per cento (ovvero 50 euro accantonati ogni 100 euro di crediti dubbi) a fronte di un tasso medio di copertura del 53 per cento in Europa. Il maggior contributo, secondo Mediobanca Securities, sarebbe di Intesa Sanpaolo (7,9 miliardi) e Unicredit (7,6 miliardi), che avrebbero visto il loro tasso di copertura crescere al 59 e al 53 per cento. Ma fonti interne di Bankitalia, su questo progetto rivelato da FT e in particolare sul piano sistemico di bad bank, dicono: sogno antico, ma servono molti soldi per realizzarlo.

LE MOSSE DI UNICREDIT
Che il tema sia all’ordine del giorno per le banche italiane lo testimonia proprio l’istituto di Piazza Cordusio, che lo scorso 24 dicembre con un comunicato aveva reso noto il raggiungimento di un accordo con Cerberus European Investments per la cessione pro soluto di un portafoglio di crediti non garantiti e in sofferenza derivanti da contratti di credito al consumo e prestiti personali. Una cessione, quella dei crediti problematici di Unicredit, positiva per molti analisti, che hanno comunque sottolineato come l’importo, 950 milioni di euro, sia ancora modesto rispetto ai 46 miliardi di euro di crediti problematici netti totali detenuti dalla banca guidata dall’amministratore delegato, Federico Ghizzoni. Un capitolo, quello delle sofferenze bancarie italiane su cui si sono esercitati, maramaldeggiando, banchieri esteri di Ubs, senza sottolineare la stabilità degli istituti di credito italiani che non hanno fatto ricorso a ingenti risorse pubbliche, a differenza di tutti gli altri sistemi bancari degli Stati dell’Unione europea.

LE REAZIONI
Le reazioni alla decisione di Intesa messa per iscritto dal FT sono però per il momento diverse. Premiata dai mercati – intorno alle ore 14.30 il titolo sul Ftse Mib in territorio negativo avanzava dello 0,40% a 2,018 euro – l’ipotesi che vede coinvolto l’istituto presieduto da Giovanni Bazoli ha raccolto il favore della stessa Mediobanca Securities, che in una nota ha spiegato come l’operazione innescherebbe “un’ulteriore azione di pulizia aumenterebbe la visibilità del core business e accelererebbe la riduzione degli asset tossici”; parole che si agganciano alle previsioni di Intermonteriportate da MilanoFinanza -, secondo cui Intesa sarà la prima banca italiana a vendere una porzione importante del proprio portafoglio di crediti dubbi. Ca’ de Sass, interpellata dalla Reuters, preferisce per il momento non commentare le indiscrezioni riportate dal quotidiano economico. Mentre Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri e di Fondazione Cariplo, secondo azionista di Intesa Sanpaolo, interrogato dalla medesima agenzia ha detto: “Non sono informato, quando lo sarò esprimerò un parere“. Molto probabilmente il 27 marzo, quando si riuniranno il consiglio di gestione e il consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo per l’approvazione del piano d’impresa, che sarà presentato non senza sorprese il giorno successivo.



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter