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La cybersicurezza cinese nelle mani di Xi

La presidenza del gruppo guida per la sicurezza informatica e l’informatizzazione è l’ultimo incarico in ordine di tempo assunto dal capo di Stato cinese, Xi Jinping, già segretario generale del Partito comunista, presidente della Commissione militare centrale e al vertice degli appena istituiti comitati per la guida delle riforme e per la sicurezza nazionale.

A coadiuvare Xi come vicepresidenti, riferisce l’agenzia ufficiale Xinhua, sono stati nominati il premier Li Keqiang e lo zar della propaganda Liu Yunshan, entrambi componenti del comitato permanente del Pcc, il cuore del potere nella Repubblica popolare.

L’incarico conferito al capo di Stato è l’ennesimo segnale dell’accentramento del potere nelle mani di Xi. Come sottolinea Willy Lam in un’analisi per la Jamestown Foundation sulla cerchia di funzionari posti dal presidente nei posti chiave dell’amministrazione, Xi è emerso come il leader cinese più potente dai tempi di Deng Xiaoping.

Le ragioni che hanno spinto Pechino a istituire il nuovo comitato governativo sono riassunte dallo stesso capo di Stato: “Senza sicurezza informatica non può esserci sicurezza nazionale. Senza informatizzazione non può esserci modernizzazione”. Gli sforzi, ha aggiunto, dovranno fare della Cina una potenza nel settore.

La figura di Xi al vertice rappresenta sia l’importanza data all’accentramento della gestione della sicurezza informativa e allo sviluppo digitale cinese, sia la volontà di controllare e coordinare strategie e politiche ora affidate a diversi dipartimenti.

Gli internauti cinesi sono circa 618 milioni, società come Tencent o Baidu, il Google cinese, sono tra le più dinamiche del Paese. Tuttavia, scrive la Xinhua, la Cina è ancora indietro per quanto riguarda le tecnologia. Pesa inoltre il divario nella diffusione di Internet nelle aree urbane e nelle campagne, dove, secondo i dati ufficiali, si collega poco più del 28 per cento degli utenti.

La rete è percepita come un’ipotetica minaccia alla leadership del Partito. Il giro di vite repressivo deciso nei mesi scorsi contro le cosiddette grandi V, ossia gli utenti della piattaforma di microblog Weibo con il maggior numero di seguaci, minacciati di sanzioni legali nel caso “indiscrezioni” e notizie sgradite siano ripubblicate almeno 500 volte e visualizzate da almeno 5mila lettori, ha come obiettivo fermare la diffusione di voci critiche e di informazioni sensibili,

La sicurezza informatica è inoltre uno dei terreni di scontro tra Pechino e Washington. La Cina è stata accusata a più riprese di attacchi informatici contro enti governativi e società statunitensi. All’inizio dello scorso anno un rapporto di una società di consulenza Usa collegava alcuni attacchi direttamente a un’unità dell’esercito popolare di liberazione. E appena lo scorso dicembre un’altra indagine accusava Pechino di spionaggio contro i leader europei durante un vertice del G20.

Allo stesso tempo i cinesi denunciano di essere loro stessi vittime di intrusioni. Il caso Snowden e le rivelazioni sulla pervasività dei programmi di spionaggio dell’intelligence statunitense hanno dato al riguardo ulteriori frecce alla Cina, togliendo argomenti agli Usa e dandoli a chi invoca la “sovranità” sulla rete.


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