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La dieta di Abercrombie

Si allungano i trimestri in retromarcia di Abercrombie&Fitch. E si accorciano le file di teenager di fronte ai suoi negozi. Quello che sembrava un fenomeno inarrestabile, sembra oggi prigioniero delle vertigini d’alta quota. Nel numero in uscita di Pambianco Magazine, l’analisi senza sconti delle difficoltà del brand americano.

La frenata di Abercrombie passa per una improvvisa quanto pronunciata disaffezione da parte degli adolescenti. Qualcuno dice che il marchio stia facendo le spese della propria ‘virata snob’, portata avanti dal CEO Mike Jeffries, che non è piaciuta né ai consumatori né alla stampa.  Alle proprie colpe, si aggiunge poi il sempre maggior successo dei marchi di fast-fashion, cui A&F non ha saputo rispondere con strategie all’altezza.
Il gruppo americano, famoso per essere uno dei pochi attivi a fermarsi alla taglia L (l’italiana 42), ha messo a dieta anche il conto economico. Dopo una lunga serie di risultati al di sotto delle stime degli analisti, anche negli ultimi due mesi del 2013 A&F ha subito un calo del 6% nelle vendite. Nonostante ciò, grazie alla corsa dell’online (+25%), il gruppo quotato sul mercato Nyse ha alzato le previsioni di utile di esercizio dalla stima precedente. Un timido segnale di ripresa per l’azienda che, in ogni caso, non spazza via tutte le nubi. Il titolo nell’agosto del 2013 valeva ancora attorno ai 50 dollari, attualmente si muove sui 33 dollari.
E anche in Italia, dopo aver registrato un vero e proprio boom nel 2011, passando da 70 a 100 milioni di euro di ricavi rispetto all’anno precedente, il marchio ha chiuso il 2012 con una battuta d’arresto.



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