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L’abulia giovanile, roccaforte delle plutocrazie

Ci sono articoli che lasciano l’amaro in bocca, vuoto nell’istante in cui li leggi, rassegnazione dinanzi a ciò che sta accadendo.

La storia di una ragazza, che ha lanciato il cuore oltre gli ostacoli, raccontando la sua storia, raccogliendo in una lettera gli umori di tanti che, come lei, stanno assistendo alla grande recessione. Una decadenza morale dell’individuo ed uno scadimento delle istituzioni, esautorate dalle loro funzioni, diventate mere portavoci dell’alta burocrazia.

La trasformazione del lavoro – attraverso l’allocazione del denaro dal lavoro sempre più al capitale – la competizione volta all’ abbassamento dei salari, ha aggravato inevitabilmente la precarizzazione del futuro dei giovani, svuotandoli della loro dignità, riducendo all’effimero quella manciata di decenni che costituisce l’esistenza.

Abito a Bruxelles, oramai da qualche tempo. Se mi chiedono da quanto non so mai rispondere, non ho mai contato i mesi, forse mi fa paura, forse non so da quando devo cominciare a contare. Per una banale coincidenza attualmente abito a pochi metri dalla sede in cui tempo fa ho svolto uno stage, motivo iniziale del mio spostamento qui”.

Abbandonare il Paese per una speranza. Allontanarsi dalla peggiocrazia italiana, come l’ha definita Zingales. “Le uniche persone di talento che il nostro Paese riesce ad attirare sono i giocatori di calcio”. Esportiamo intelligenza e beni, importando solo beni.

Si abbandona l’Italia per necessità. Si abbandona l’Italia perché stanchi di sognare il cambiamento. Cambiare si può, ma occorre tempo.  Tra spendere tempo in un cambiamento poco probabile è sempre meglio spenderlo in una pseudo- sicurezza, che seppur piccola, lascia soddisfazioni…una cultura interiore che risulta essere superiore all’amaro della sconfitta, quasi certa.

Non voglio tornare indietro, voglio solo andare avanti, fare altri lavori, conoscere altra gente, vivere in altri posti. Io sono europea, non ha importanza da dove vengo. Come me tanti che si sporcano le mani, che non accettano più stage non pagati. Siamo un esercito di gente che ha radici culturali fortissime ma che sa sradicarsi e reinventarsi. Guardateci, chiedeteci per che cosa ci emozioniamo, dove abbiamo rinchiuso i nostri sogni, perché non piangiamo più. Non ci chiedete da dove veniamo e che lavoro facciamo, non ha più senso. Oggi non più”.

Evocativo il dialogo tra Ernest ed il colonnello Von Gilbert ne “Il tallone di ferro”. “Avete dato prova di essere incapaci di amministrare; avete mandato alla malora la civiltà. Avete  addormentato la vostra coscienza con chiacchiere sull’ideale, secondo la vostra cara morale. E eccovi lì gonfi di potenza e ricchezza, inebriati del successo “.

Sono passati quasi cento anni, ma queste parole rimangono cosi attuali, veritiere, profetiche, che rispecchiano la società dei nostri giorni.

La precarietà è diventata una costante della post – modernità. “Per fare accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, con il contagocce, per molti anni consecutivi”. (Chomsky). Un oscurantismo del lavoro, in cui il lavoro è schiavo della finanza.

È quello che, ahimè, sta avvenendo. Questo sarà l’anno della crescita, della diminuzione del debito, della riduzione della disoccupazione, del cambiamento, della rinascita, della grande Europa, della riduzione dello spread… La massima aspirazione della nostra classe dirigente è non indietreggiare troppo.

Siamo entrati nella grande stagnazione o stagnazione secolare come l’ha chiamata Larry Summers – già segretario al Tesoro – di fronte alla platea del Fmi.

L’intento non è quello di diffondere scoraggianti profezie sul futuro, quanto piuttosto ribadire e sottolineare l’esistenza di  una problema strutturale e morale a cui bisogna urgentemente dare una risposta. Ma ciò purtroppo non avviene.

I giovani fuggono per non tornare, emigrano, considerando lo Stato un limite, piuttosto che un facilitatore di opportunità meritocratiche. I giovani scoraggiati inevitabilmente saranno avversi allo Stato ed alla politica, che li considererà quindi come non potenziali elettori. Il circolo vizioso aumenterà generando a sua volta la continua inerzia della volontà nel cambiamento che aumenterà ancor di più il successo delle plutocrazie, aventi altri scopi, a discapito delle nuove generazioni.

Purtroppo l’abulia giovanile è diventata il carburante delle plutocrazie, che si alimentano di mediocrità, generando il vuoto delle idee, lo compressione della moralità, nonché il superamento delle regole. Sogniamo un futuro diverso, non ne abbiamo altri a disposizione!


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