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Renzi slalomeggia nel Paese delle frustrazioni

Un giornalista di peso l’ha definita grottesca. Il direttore di un giornale straniero titola – riferendosi ad altri aspetti della sua passata vita pubblica ed istituzionale – the “Italian Job”. Sono giudizi sull’Italia e sulle italiche abitudini. Per chi è avvezzo frequentare ambienti anglosassoni, quel titolo ha il retrogusto fastidioso ed amaro di una sensazione di sincero imbarazzo che provi nell’affrontare con interlocutori stranieri argomenti sulle vicende del tuo Paese, ritrovandoti sempre più spesso combattuto tra la tua naturale tendenza a difenderlo e l’evidenza dei fatti che portano a mentire a se stessi nel momento in cui lo si fa.

UN PAESE GROTTESCO

Ma tant’è, l’innata tendenza a complicare le cose, a cadere vittime di ripicche, pregiudizi ed ambizioni personali, evidentemente prevale su tutto e su tutti i buoni propositi che – pare – ancora una volta sono facili da annunciare ma impossibili da realizzare.

“L’Italia è grottesca”, scrive giustamente un cittadino italiano. Uno straniero ci dice che il nostro mestiere di gestire la res pubblica ha risvolti delinquenziali, ricollegandolo alla trama di un film che di questo tratta, ovvero dell’azione di ladri professionisti che con maestria riescono a rubare un grosso quantitativo di oro, che è materiale prezioso ma non tanto quanto la libertà di una nazione che si esprime attraverso la sovranità dei suoi cittadini. Sono ovviamente opinioni personali di chi scrive, il primo, e di chi lascia intendere, il secondo.

Di norma, come tali, dovrebbero essere ben distinte dai fatti. Ma quando, attraverso dichiarazioni documentate o comportamenti oggettivi dei protagonisti, si confermano i retroscena, le indiscrezioni, ed il “si dice”, ecco che allora le opinioni diventano fatti e il grottesco succedersi degli eventi va ben oltre la trama del film Italian Job. Due in particolare, la vicenda dell’estate 2011 di Napolitano e quella renziana di queste ore.

LE PREVISIONI DI NAPOLITANO

L’Italia è un bizzarro paese dove il presidente di una Repubblica parlamentare, peraltro avendone legittimamente la facoltà stando a sentenze della Corte Costituzionale, può avere incontri informali e riservati finalizzati a sondare la disponibilità di un professore ad assumere il ruolo di premier mentre quello democraticamente eletto ancora gode di una maggioranza in Parlamento. Un Presidente lungimirante e previdente per alcuni, per altri un prevaricatore. Personalmente lo giudico quantomeno sprovveduto nel non considerare gli effetti pratici di tali sondaggi, peraltro indirizzati verso un unico soggetto che, goffamente, oggi ammette di averne parlato a terzi ..di quegli incontri informali e riservati. Il tutto ovviamente in buona fede e nel rispetto delle prerogative istituzionali, quindi non è il caso parlare di congiure o complotti (impeachment non esiste nel nostro ordinamento …) bensì di una ingenua azione che ha poi provocato non pochi danni al Paese. Di questo dovrebbe rendere spiegazioni alla Nazione quel Sig. Giorgio Napolitano, di quell’eccesso di ingenuità e di errata valutazione del maldestro professore bocconiano, nominato in seguito senatore della repubblica.

NEL NOME DELLA STABILITA’

L’Italia è uno stravagante paese dove in nome della stabilità si è giustificato ogni bislacco avvenimento della vita parlamentare e di governo che ha prodotto il cortocircuito dell’immobilismo più devastante. Ma a prescindere dalle varie opinioni sull’operato dell’esecutivo, di fatto c’è un premier che è pur sempre l’espressione del partito di maggioranza relativa, il Pd. C’è poi il rampante ed ambizioso segretario di quel partito in procinto di prenderne il posto: la chiamano staffetta. Sarebbe più appropriato chiamarla bufala, ovvero un mistero buffo dove è assai arduo capire cosa cambi o quale sia l’eventuale composizione di una nuova e più solida maggioranza. Assisteremo al partito di un ex delfino sempre più simile ad un tonno, di centrodestra nel nome e nel logo, unito a Sel ed a qualche miracolato grillino, con una dose di farmacisti civici o popolari in cerca d’autore – e collocamento futuro – dopo la diaspora della scelta strampalata di un professore politicamente dilettante? E poi, questa probabile maionese impazzita dovrebbe garantire governabilità e l’intera durata della legislatura?

Sarebbe stato più opportuno, serio e coerente da parte di quel segretario dire chiaramente agli italiani “Ho fatto un accordo sulle regole del gioco con il mio antagonista, Silvio Berlusconi, manteniamo gli impegni, realizziamo velocemente l’accordo e andiamo a votare per voltare pagina e realizzare gli impegni assunti con le primarie: cambiamo verso”
Una nazione frustrata e in ginocchio aspetta di vedere cosa accadrà nelle prossime ore al colle più famoso di Roma, mentre si conferma l’amara consapevolezza di vivere in un Paese dove il grottesco istituzionale è sinonimo di tafazzismo e, mi perdoni il direttore del Financial Time, più che di Italian job, assume i connotati e le caratteristiche ben più gravi di una Italia self-defeating (autolesionista).



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