A breve Matteo Renzi presenterà al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la lista dei ministri che ha scelto per il suo Governo. Sarà il momento in cui potremmo osservare quale idea di politica Renzi vorrà presentare al Paese, al PD che consegnerà alla storia. Sarà un successo o un fallimento? Su questo avremmo modo di discuterne ampiamente, in futuro.
Oggi, però, ci sono dinamiche molto complesse che ho cercato di osservare, analizzare e comprendere. Ho deciso di mettere per iscritto una riflessione che non so se sarà confermata o smentita, ma è terapeutico riflettere e scrivere.
1. Le primarie dell’8 dicembre
A dispetto delle tante Cassandre, del successo dei partiti anti-sistema (M5S) e del crescere del fronte dell’astensionismo, l’8 dicembre 2013 in 3 milioni hanno deciso di partecipare alle primarie del Partito Democratico. Follia o testimonianza?
Credo che la forte partecipazione – malgrado in passato, per esempio ai tempi di Prodi, il numero assoluto fosse ampiamente superiore – sia una testimonianza. C’era voglia di essere parte di un progetto politico di rinnovamento e di riscatto per il Centro Sinistra italiano, resta da capire, oggi, se questa testimonianza è stata considerata o bistrattata.
2. La coerenza dovrebbe essere una bussola
Nelle campagne elettorali, siano esse locali, regionali, nazionali, o di partito o per le elezioni politiche, sono caratterizzate da slogan. La comunicazione politica è diventata un’estensione della comunicazione commerciale e televisiva: si vendono promesse, come si fa con lavatrici e tostapane. In questo Silvio Berlusconi è stato il grande comunicatore, il venditore di fumo a cui in molti hanno creduto (ma non ne faccio una colpa, le sue offerte erano più credibili, o appetibili di altre) ed oggi non so se qualcuno è al suo livello, però nel Centro Sinistra, Matteo Renzi è stato elevato a condottiero. Ha promesso di non tradire Enrico Letta, l’amico caro; ha promesso di non perseguire interessi personali, bensì il bene del Paese. Insomma, ha promesso il meglio e ha fatto l’esatto opposto. Ecco la Politica, quella che non ci piace.
In questo scenario spicca, invece, come figura stonata e fuori registro, Giuseppe (Pippo) Civati che ha detto no alle larghe intese con Pierluigi Bersani, lo ha ribadito con il voto di fiducia dopo la scissione del Centro Destra, lo ribadisce oggi come un mantra: “no alle larghe intese”. Minaccia (auspica) un Nuovo Centro Sinistra, sarebbe bello ma sarebbe utile? Chiede a Renzi di ri-orientare l’azione politica del PD verso sinistra e non verso Alfano e Verdini, l’invito all’ascolto cadrà nel vuoto, o il condottiero Matteo ci penserà?
La coerenza è quella cosa che la Politica ha perso, dietro le promesse, gli show e le paillette e sarebbe importante, necessario anzi indispensabile che essa se ne riappropriasse: la coerenza è una bussola, un metodo di azione che mostra all’esterno se una forza è affidabile o no.
3. Il peccato originale del PD
In tutto questo caos c’è stato un problema inziale che per me è il peccato originale di questa faccenda: aver deciso che alle primarie si sarebbe votato sia il Segretario del PD sia il Premier. Ed aver lasciato aperte le porte al voto ai non iscritti. Incoerenza e assurdità.
Avremmo molto da imparare dalla SPD tedesca, che sulla scelta dell’adesione o no al Governo Merkel III ha demandato tutto ai propri iscritti, e non a chiunque.
Ora, gli interessi personali e le ambizioni di Matteo, hanno messo in brutta luce il PD, le nostre idee e per molti iscritti e simpatizzanti questo è un brutto colpo. Certo, nei media questo non traspare, dopotutto in Direzione Nazionale in 136 hanno votato sì alla scelta di Renzi, in 16 hanno detto “no”. Sembra l’accordo tout court del mondo conosciuto: non è così. Non a caso, in molti circoli hanno riproposto la manifestazione “occupy PD”, altri hanno scritto comunicato di dissenso, tra cui l’intero gruppo dirigente del PD Germania, che ha mandato una nota pubblica per esprimere i dubbi e le perplessità di tale iniziativa.
4. Il progetto politico della minoranza di Cuperlo
In tutto ciò, oggi, è stata pubblicata una comunicazione di Gianni Cuperlo, ex Presidente dell’Assemblea Nazionale del PD secondo cui non è possibile (o opportuno) che il Presidente del Consiglio sia anche il Segretario del PD.
Questa comunicazioni ha instillato in me un dubbio: e se Cuperlo avesse spinto Renzi alla Presidenza del Consiglio per poter poi richiedere il rinnovo della Segreteria e dunque l’elezione di un nuovo Segretario?
In questo caso credo allora che Renzi non sia davvero una volpe, piuttosto un ingenuo-ambizioso, ma siccome “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”, come suggeriva Giulio Andreotti, credo forse che ci fosse un accordo. Detto ciò, una roba da fantapolitica, credo che questo scenario apra un ampio spazio di riflessione perché ora, con Renzi sulla graticola in Parlamento, il PD ha l’opportunità di ridisegnare la geografia del potere interno, se poi questo sia positivo o meno, lo si vedrà. Dobbiamo attendere l’evolversi della situazione.
5. Sulle posizioni di Civati
E veniamo allora alle conclusioni politiche (o le premesse di un nuovo momento).
Pippo Civati ha il mal di pancia e con lui migliaia di altre persone. A breve si terrà un incontro ufficiale a Bologna della mozione Civati e lì, coerentemente con il suo progetto politico, si discuterà apertamente del da farsi: Civati è un leader che sa fare sintesi, che decide, ma che ascolta. Che agisce, ma che si preoccupa del pensiero della base: la critica all’atteggiamento Renzi nasce da questa differente visione del potere e della gestione del Partito. Cuperlo, bho, non si sa esattamente come si posiziona, ma se è vero il punto 4 delle mie argomentazioni, credo che sia “oltre”, direi oltre-tradizionale: uno schema da gioco di palazzo che non piace e che ci auguriamo sparisca dalla prassi politica italiana al più presto.
Sarà opportuno e vantaggioso dare inizio ad un nuovo momento politico con una nuova formazione partitica a sinistra? Come scrive Corradino Mineo, un controaltare al Nuovo Centro Destra? Credo fortemente che la risposta sia un “no”.
Credo che se la prospettiva sarà “riorganizzare” il PD e rieleggere un nuovo Segretario, dopo appena tre mesi, allora è il caso che Civati dia fuoco alle polveri e si faccia portatore di quel rinnovamento che è mancato davvero l’8 dicembre.
6. Ma Renzi?
Ma Renzi che farà? Renzi sembra un Jolly tutto fare: non lascerà né la Segreteria PD né la Presidenza del Consiglio. Secondo me sarebbe rimasto anche Sindaco di Firenze se avesse potuto. Sarà interessante vedere come si concluderà questo percorso verticista e personalista, come si trasformerà il PD, se il suo punto di forza – resistere e sopravvivere ai propri leader – si confermerà anche nel post-Renzi. Certo è che il PD ha bisogno di una radicale rifondazione della sua disciplina interna e delle proprie regole.
Conclusioni
E cosa accadrà il giorno della fiducia? Civati dovrà poter scegliere liberamente, assieme agli altri eletti, se accordare o meno la fiducia al Governo Renzi senza la minaccia dell’esplusione. A maggior ragione se questa richiesta sarà decretata a Bologna, all’incontro dei sostenitori.
Ricordiamoci bene che in un partito come il PD il dissenso è fisiologico e la critica può (e deve) essere aspra fino a quando è sincera.
Gli eletti PD non rappresentano Renzi e non hanno fatto (ci mancherebbe altro) un atto di fede in un leader, ma hanno fatto un atto di fiducia e una promessa nei confronti dei valori fondanti del partito e il legame è solo con gli elettori che rappresentano: non con il leader. Sia chiaro!