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Ecco perché la Sec cerca nuovi spioni in Asia

Le nuove norme per premiare e tutelare chi fornisce informazioni di irregolarità e corruzione all’Autorità statunitense per il controllo della borsa potrebbero spingere sempre più fonti asiatiche a collaborare con la Securities and Exchange Commission. A meno che non si tratti di Edward Snowden, Chelsea Manning e altre fonti interne all’Amministrazione e agli apparati di sicurezza, che svelano i segreti statunitensi, negli Usa, e in particolare a Wall Street, i whistleblower sono visti di buon occhio.

IL RAPPORTO DI ALIX PARTNERS
L’ultimo rapporto della società di consulenza AlixPartners ipotizza una maggiore collaborazione dall’Asia, e in particolare dalla Cina, in casi che riguardano compagnie americane e britanniche. La Repubblica popolare, ricorda il South China Morning Post, è già terza, dietro a Canada e Gran Bretagna, tra i Paesi che contribuiscono maggiormente a individuare possibili frodi. Le soffiate alla Sec da oltre Muraglia sono aumentate dalle 10 di tre anni fa alle 52 dello scorso anno, su un totale di 3.238 ricevute. Mentre, restando in Asia, le informazioni oltre che dalla Cina arrivano nell’ordine dall’India, dalla Corea del Sud, da Hong Kong e Singapore, dal Vietnam, da Taiwan, dal Pakistan e dalla Thailandia.

LA RICOMPENSA PREVISTA
In base al Dodd-Frank Act del 2011, chi denuncia e porta prove per smascherare irregolarità può avere diritto a una ricompensa che varia dal 10 al 30 per cento delle multe inflitte alle società colpevoli. Multe a diversi zeri. In questo contesto il 2014, scrive il Wall Street Journal citando l’ex direttore dell’ufficio sull’intelligence di mercato alla Sec, Tom Sporkin, potrebbe rivelarsi molto più proficuo del 2013. In totale, si legge nel rapporto annuale dell’Ufficio per i whistleblower, sono stati pagati 14 milioni di dollari.

L’IMPEGNO DELLA SEC
Alle ricompense si aggiunge l’impegno della “Consob” statunitense a punire le società che dovessero vessare i dipendenti che hanno collaborato. La Sec si sta inoltre muovendo affinché questa tutela sia garantita anche al di fuori degli Stati Uniti. L’Autorità ha infatti presentato prove che potrebbero capovolgere la sentenza che non ha accordato tale scudo a Liu Meng-lin, una fonte taiwanese.

FUORI DAGLI USA
Liu aveva rivelato le irregolarità di Siemens nella vendita di apparecchiature mediche agli ospedali cinesi. La società tedesca aveva poi licenziato la fonte, una reazione illegale secondo il Dodd Frank Act. A ottobre dello scorso anno, il giudice William Pauley stabilì tuttavia che la norma non era applicabile fuori dagli Usa. Un caso che si teme possa far desistere i dipendenti delle sussidiare delle società statunitensi fuori dal suolo americano.

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