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Tutte le sfide del (possibile) primo governo Renzi

Attendiamo tutti il fine settimana per scoprire se ci sarà un governo Renzi. E che volto potrà avere. Ovviamente le indiscrezioni si concentrano tutte sulla composizione dei tasselli dei ministeri e delle deleghe, i pesi delle probabili correnti e sulla presenza o meno di membri della maggioranza governativa di Enrico Letta. Nessuno parla di programmi o di sfide che riguardano l’Italia nello scacchiere internazionale e, soprattutto, all’interno della nazione.

Matteo Renzi ha già dato delle linee guida attraverso il programma delle primarie. Il Jobs Act o il piano delle riforme corrispondono solamente a delle contingenze politico economiche, ma non si è mai espresso né su temi di politica internazionale, né su questioni legate alle politiche di sicurezza economica e al ruolo dell’Italia nel mondo. Non si conoscono neanche i riferimenti istituzionali a cui Renzi potrebbe far ricorso per delineare una strategia nazionale e un rilancio della politica economica, con ricadute globali e regionali in primis, visto che ci troviamo a ridosso delle elezioni europee.

Un programma sull’Europa potrebbe chiarire molti dubbi sul ruolo che l’Italia vuole ritagliarsi tra alleati poco amici. La debolezza sistemica europea non fa che portare allo scoperto la marginalità che la Penisola ricopre sia nelle Cancellerie che nelle Istituzioni comunitarie. Il riconoscimento Usa della capacità di leadership tedesca nell’Unione e quello della Francia quale partner strategico militare nel Mediterraneo ed in Africa non possono che indurre Renzi ad una seria valutazione del peso che avrà all’interno del Governo e nelle relazioni internazionali.

Il caso marò potrebbe essere un’occasione per poter affermare che una condanna dei nostri militari è una condanna alla Nato e alla cooperazione internazionale sulla sicurezza economica dei traffici marittimi. Se la Nato rifiutasse di aiutarci nel liberare i due fucilieri, allora sarebbe meglio introdurre sanzioni nei confronti dell’India e perseguire una politica estera militare, l’unica che potrebbe convincere i nostri alleati a sostenerci nelle trattative.

L’Italia potrebbe compensare la propria marginalità con scelte coraggiose. In primo luogo rilanciando i programmi strategici con la Russia in campo aerospaziale ed energetico; contrariamente gli alleati non ci permetteranno che di navigare a vista, quando e come gli conviene, come in Libia o in Siria, dove fanno i danni e prendono medaglie, noi risolviamo i problemi e prendiamo schiaffi.

Quale visione geo-economica potremmo dare al Paese se non si dipaneranno le conflittualità del sistema fiscale e quelle della burocrazia amministrativa e giudiziaria? Il possibile accorpamento di dipartimenti e pseudo ministeri andrebbe finalmente completato con la firma dei decreti attuativi sull’Autorità contro la corruzione, da legare alle competenze dei Servizi di sicurezza, ossia al Dis, per estendere la propria attività capillarmente sul territorio nazionale, togliendo a questi le competenze sulla criminalità organizzata. Questo permetterebbe al Dis e all’ Aisi di integrare il controllo preventivo geolocalmente e non doppiare le funzioni che già la Dia, Sco, Ros, Scico e Gico svolgono all’interno delle garanzie operative nelle istituzioni e nel Casa, in seno al ministero dell’Interno.

Questa sarebbe una seria strategia per rilanciare il ruolo delle istituzioni primarie nel Paese: integrare le loro funzioni con il controllo anti-corruzione rafforzerebbe le politiche governative interne e le politiche economiche contro i lobbismi e l’inquinamento delle istituzioni da parte di funzionari ed operatori economici infedeli o scorretti nella competizione economica nazionale.
Tale integrazione potrebbe anche creare quell’effetto deterrente nella pubblica amministrazione tutta, inclusi i tribunali e le consulenze giudiziarie sui beni confiscati.
La protezione circolare toglierebbe alibi agli incompetenti ed ai collusi, darebbe una capacità incisiva al governo nell’attrattività degli investimenti esteri e ridurrebbe i condizionamenti politici da parte di pseudo lobby e pseudo sistemi di potere locali.

Indurre il Parlamento all’approvazione di una legge che regoli il ruolo delle relazioni pubbliche particolari di interesse generale, significherebbe ridurre il peso e il condizionamento di ex parlamentari, portaborse e affaristi vari che transitano in Parlamento e nei Ministeri, nelle Regioni e i loro consigli, nelle città, evitando i danni fatti finora con i derivati e le normative contraddittorie regionali, gli interessi particolarissimi e la concorrenza sleale di imprese e multinazionali sul sistema.

Coraggio Renzi, faccia quel che serve al Paese, rilanci l’idea che ci sia ancora lo Stato.


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