Nel contrasto – containment all’Unione Sovietica il Pakistan rappresentò le retrovie logistiche dei mujaheeden armati dagli Stati Uniti. Fu la nota Operazione Cyclone, la “madre di tutti gli sconvolgimenti” delle relazioni internazionali centro-asiatiche, che, dodici anni dopo il ritiro dell’Armata Rossa, portò all’occupazione americana dell’area.
TURCHIA RETROVIA DELLA JIHAD
Oggi la lotta per regolare i rapporti di forza nella Siria post-Assad vede la Turchia in prima fila, come luogo di passaggio obbligato per i militanti islamisti diretti a Sud. E come nel caso afghano, il terreno siriano si presenta come campo di esercitazione di una variegata “internazionale islamista“.
Negli ultimi mesi la preoccupazione nelle capitali occidentali è arrivata a livello di guardia.
IL TRIANGOLO ISRAELE-TURCHIA-IRAN
In Israele in particolare si comincia a leggere con grande timore l’evoluzione siriana, perché la caduta di Assad farebbe a questo punto venire meno un “filtro” (che bene o male ha retto finora) contro l’attivismo islamista-terrorista. È l’opinione del capo dell’intelligence militare di Tel Aviv, Avivi Rochavi, secondo cui nei circoli strategici israeliani si sta riconsiderando la neutralità finora mantenuta dallo Stato ebraico.
Difficile dire dove possa condurre questa linea. Certamente è rivelatrice di come nel Medio Oriente nulla è come appare, e il valzer delle alleanze è instabile e frenetico. In pratica, smentisce l’idea della strana alleanza israelo-saudita per contenere l’Iran in Medio Oriente. Il problema non è tanto Teheran, dunque, quanto la possibile “alleanza per dominare il Medio Oriente” tra Iran e Turchia, lo spostamento a est di Ankara e la sua “profondità strategica” che la rafforzerebbe nel contrasto con Israele, il vero filo conduttore degli ultimi sviluppi medio-orientali (ben più della conclamata ostilità israelo-iraniana) secondo Ely Karmon, esperto regionale dell’Istituto Anti-Terrorismo di Herzilya. Insomma, l’alzata di scudi in direzione Nord da parte israeliana potrebbero nascondere un’offerta implicita a Teheran, chiudendo un cerchio che già durante la guerra Iran-Iraq funzionò abbastanza bene a tenaglia su Baghdad.
USA ED EUROPA IN ALTO MARE
Negli Stati Uniti è poi in corso, molto sottotraccia, una polemica su “Gladio B” (la rete paramilitare islamica usata secondo la whistleblower Sibel Edmonds come proxy della Cia, con base in Turchia e Azerbaidjan, a partire dalla metà degli anni Novanta). In analogia con Gladio, la rete di mujaheeden, forte della vittoria sui sovietici, avrebbe dunque prima sconvolto i Balcani e ora si accingerebbe a fare altrettanto nel Medio Oriente. L’ipotesi “Gladio B” convaliderebbe la tesi di parte serba della “diagonale islamica”, ovvero dell’utilizzo americano del movimentismo islamista in Europa sud-orientale che avrebbe rallentato la penetrazione tedesca nell’area.
La Turchia è al crocevia tra Medio Oriente, Balcani e Asia Centrale, direttrici fondamentali per gli assetti energetici e geopolitici, proprio come lo è il Pakistan tra Asia meridionale e Asia centrale. Con la differenza, si potrebbe dire, della vicinanza alla frontiera europea della Turchia, e del ruolo maggiore che l’Europa può svolgere nell’evitare un “esito pakistano” (islamizzazione, destabilizzazione regionale) ad Ankara.