Skip to main content

9 marzo: ma l’8 che festa è?

Devo dire la verità con garbo ma la devo dire. Andare al Quirinale è sempre una emozione straordinaria con le sue volte che trasudano storia e rispetto e il Presidente comunque che ti abbraccia e ti rassicura.

Però quest’anno a parte la mimosa sostituita saggiamente dall’alloro in segno di onore per le donne vittime della violenza, a parte la premiazione dell’avvocato sfigurata dall’acido dal ex suo uomo infame, mi ha amareggiato la premiazione dei quattro uomini. Per lo più di spettacolo e perché sugli autobus di Bologna l’altro anno hanno fatto la pubblicità “alle loro facce” perché loro condannavano la violenza sulle donne (come se fosse un merito!?) e invece poi a parte pochi intimi proprio non ce n’eravamo accorte. Ebbene no, non va, non più patetiche e strumentali comunicazioni sulla condizione femminile. E’ tempo di fare fare fare. Così come cerchiamo di impegnarci sui temi dei diritti e del lavoro, che per le donne significa particolarmente libertà.

Sono molto molto curiosa di leggere interamente il libro di Sabino Cassese del quale ho letto una recensione. Il senso è: il divorzio degli italiani e delle italiane dallo Stato nasce dall’incertezza delle regole. Sì è assolutamente vero. Non puoi risolvere i problemi se ignori le cause che li hanno generati. Soffriamo di discontinuità, non di un eccesso di continuità. La nostra malattia consiste in uno Stato governato incostantemente, in un passaggio da un governo e da regole all’altro incostante e nevrotico.

La legge elettorale reclama stabilità e non il tredicesimo cambiamento: abbiamo sperimentato fallendo 12 sistemi mentre nel Regno Unito la formula è ancora quella del 1832, gli Usa hanno l’uninominale dal 1842, in Germania il sistema è del 1953, in Francia addirittura risale alla monarchia orleanista. E noi stiamo ancora qui a litigare per una soglia di sbarramento che francamente se non raggiunge il 40% non è sicuramente democratica così se non si applica la democrazia paritaria nelle liste è veramente una riforma demenziale quando il 53% delle lettrici italiane è donna.

Ma ci rendiamo conto di essere sbeffeggiati costantemente dall’Europa? L’ultima sberla è arrivata proprio l’8 marzo. Il Consiglio d’Europa contro l’Italia poiché è stata violata la libertà sull’interruzione di gravidanza. ”Troppi obiettori, non garantita la procedura prevista dalla contestata e mal applicata legge 194/del 1978”. Sono infatti il 70% i medici obiettori di coscienza in Italia secondo le ultime stime, ma i dati ufficiosi dicono gli esperti raggiungono valori più elevati. Nel 2005 i ginecologi obiettori erano il 58,7%. Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha deciso che l’Italia viola i diritti stabiliti dalla legge 194 che invece deve essere correttamente applicata su tutte le strutture italiane, così come hanno chiesto in una istanza presentata dalla CGIL.

Il ricorso è sacrosanto perché si devono far valere i diritti delle donne e anche dei medici non obiettori sui quali grava tutto il carico di lavoro relativo alle interruzioni di gravidanza. Ma soprattutto ci rendiamo conto che le donne sono costrette così a spostarsi e a cercare, con il dolore che si portano dentro, una struttura con ciò compromettendo il loro diritto alla salute poiché il fattore tempo in questi casi è determinante? E’ necessario garantire il diritto alla salute che prevede la Carta Europea, poiché la legge 194/del 1978 parla chiaro: “Indipendentemente dalle dichiarazioni di obiezione di coscienza, ogni struttura deve poter sempre garantire la possibilità di interrompere la gravidanza”.E così non sottovalutando i problemi morali che la questione pone, non è assolutamente possibile non adeguarsi e correggere questa situazione.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter