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La Bocconi indaga le aziende familiari e scopre che…

azienda italia

La famiglia è importante. Ma le radici a volte possono essere ostacoli. È la sintesi della quinta edizione dell’Osservatorio sulle aziende familiari, promosso da AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari), dalla Cattedra AIdAF – Alberto Falck di Strategia delle Aziende Familiari dell’Università Bocconi, da UniCredit Group e dalla Camera di Commercio di Milano.

I NUMERI

L’Osservatorio monitora le aziende italiane a proprietà familiare che, al termine dell’anno fiscale 2011, hanno superato la soglia di fatturato dei 50 milioni. Nel 2007 al campione appartenevano 4251 aziende e dopo 4 anni il numero è di 4249: pressoché invariato, e in mezzo la crisi peggiore del dopoguerra.

FAMIGLIE RESILIENTI

Non è un pettegolezzo dunque che le piccole realtà familiari italiane siano resilienti. Ma andiamo nel dettaglio e cerchiamo di capire perché. Intanto le aziende salite oltre la soglia di fatturato di 50 milioni dopo il 2007 sono caratterizzate da modelli di governo più semplici” anche perché in oltre la metà dei casi si tratta di aziende di prima generazione. Che, sono sono guidate per lo più da leader giovani: nel 33,7% dei casi l’ad ha meno di 50 anni e nel 28,1% tra i 50 e i 60 anni.

MOVIMENTI AMPLIFICATI

Le aziende familiari sono cresciute, nei cinque anni di analisi, di più rispetto alle non familiari: ma è come se i movimenti fossero amplificati. I numeri mostrano che durante i picchi delle crisi le prime perdono di più in termini di fatturato e nei momenti di ripresa vanno più veloce delle seconde. Così nel 2008-09 le familiari hanno ceduto il 9% contro il -5,1% delle non familiari e nel 2010-11 hanno guadagnato il 10,5% rispetto al 7,9% delle seconde. Il ritorno sugli investimenti, però, mostra un gap costante tra l’1 e il 2% in tutti gli anni di analisi. Lo stesso si può dire del Roe, il rapporto tra reddito netto e patrimonio netto che mostra un andamento sempre superiore per le familiari. Sull’indebitamento, le familiari hanno coefficienti mediamente più bassi, essendo partite da un livello simile nel 2007 e essendo arrivate a un rapporto di indebitamento (totale attivo/patrimonio netto) del 5,2% contro il 7,1% nell’ultimo anno dell’analisi.

LE RADICI CHE IMPEDISCONO IL VOLO

Sulle performance non è indifferente la composizione del board. Se la leadership è individuale la performance è, in media, superiore rispetto a quella delle imprese con eadership collegiale e in generale i numeri peggiorano all’aumentare della dimensione del team. La convivenza tra generazioni diverse genera tensioni e risultati mediamente inferiori, mentre l’ingresso di un ad non familiare ripiana conflitti e può migliorare la situazione.

SE GIOVENTU’ SAPESSE, SE VECCHIAIA POTESSE 

Anche l’età ha il suo peso, e in questo caso giovinezza batte esperienza. Un leader fondatore che ha meno di 40 anni ha portato all’azienda un fatturato dell’11,5% rispetto alla media e un Roe superiore del 10,7%. Leggermente sopra la media la performance di aziende guidate da leader tra i 40 e i 50 anni e in linea quelle dei 50-60enni. Poi il differenziale peggiora decisamente con l’aumentare dell’età: e il -4% registrato dai fatturati di aziende guidate da ultrasettantenni fondatori che si accompagna al -3,39% per quanto concerne il Roe, danno un’indicazione chiara sull’impossibilità di allungare oltre quella soglia l’età pensionabile.

L’ONDA ROSA

Se gli anziani non sempre fanno bene alle familiari, le donne con il loro tocco magico hanno un effetto rigenerante. Esiste una relazione positiva tra la presenza di consiglieri donna del Cda e le performance reddituali, ulteriormente rafforzata in presenza di legami familiari con la proprietà: il Roe aumenta del 2,25% in media nei Cda dove sono presenti almeno 3 donne e del 3,32% dove le donne sono familiari.


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