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Sulle tracce di Satoshi Nakamoto, il misterioso padre del Bitcoin

Mistero si aggiunge a mistero sull’identità dell’ideatore di Bitcoin, Satoshi Nakamoto, fino a ieri ritenuto un nome collettivo, prima dell’inchiesta di Newsweek che sembrava aver individuato il padre della criptomoneta in un ingegnere statunitense di origine giapponese con casa in California.

Lo scoop di copertina, frutto di un lavoro di due mesi, accompagnava il rilancio della versione cartacea del magazine. Alcune ore dopo la pubblicazione della storia che lo vedeva protagonista, Dorian Prentice Satochi Nakamoto, questo il nome per interno, smentiva le rivelazioni di Newsweek in un’intervista alla Associated Press.

LA SMENTITA
Non ho niente a che fare con tutto questo”, ha detto Nakamoto, negando anche la frase “non me ne occupo più e non ne voglio parlare” che gli era stata attribuita e che, spiega, sarebbe stata interpretata male.

La vera identità di Nakamoto, sia egli un singolo o uno pseudonimo collettivo, è un mistero da quando un documento datato 2008 tracciò i concetti base di Bitcon. Altri esperti coinvolti nel progetto sottolineano come loro stessi non sappiano esattamente chi ci sia dietro questo nome.

Gavin Andersen, figura di spicco della Bitcoin Foundation, nonostante un proficuo scambio di email durato almeno due anni, non ha potuto confermare che il Nakamoto individuato da Newsweek sia lo stesso con cui aveva comunicato. Tuttavia si pente di aver parlato con i giornalisti e critica l’atteggiamento tenuto verso i familiari del 63enne ingegnere ritenuto il padre della criptomoneta.

IL NAKAMOTO CALIFORNIANO
All’agenzia AP, il Nakamoto di Temple City ha spiegato di essersi trasferito dal Giappone negli Usa nel 1959. Ha raccontato di aver lavorato per l’amministrazione federale per l’aviazione, ma di non voler parlare della sua carriera, perché parte del suo lavoro era legato a progetti segreti. Avendo lavorato per la difesa poté richiedere la cittadinanza statunitense. Alla domanda se fosse in grado di ideare un progetto come Bitcoin, chiamato più volte Bitcom, sottolinea l‘AP, l’ingegnere ha spiegato che chiunque con competenze di programmazione l’avrebbe potuto fare.

LA DIFESA DI NEWSWEEK
Leah McGranth Goodman, la giornalista che ha condotto l’inchiesta, ha tuttavia confermato gli scambi con Nakamoto e negato ci possa essere stata confusione nelle conversazioni, in risposta alle critiche che la accusano di aver violato la privacy dell’ingegnere e dei familiari senza avere prove solide. A questo punto, quotidiani come il Los Angeles Times esortano il vero padre del Bitcoin a farsi avanti. Altri, come il giornalista statunitense Jake Adelstain, esperto di yakuza, fanno ironia esortando i proprio contatti twitter a cambiare il proprio nome in Satochi Nakamoto per vedere se qualche reporter deciderà di chiedere loro un’intervista.

OLTRE L’IDEATORE
Conoscere l’identità di Nakamato potrebbe però non essere così importante, scrive Re/Code. Il modo in cui la criptomoneta funziona non cambierà a seconda del volto dell’ideatore.

Bitcoin è stata pensata intenzionalmente come decentralizzata in vario modo”, ha scritto Jeff Garzik, uno degli sviluppatori, sul proprio blog. “Non c’è un leader. Ognuno collabora e contribuisce alla comunità a seconda dei propri bisogni, delle proprie scelte, della voglia”, scrive, sebbene la gestione faccia riferimento a uno scienziato, “la leadership ultima resta nelle mani di chi lo usa”.

Come sottolinea Re/Code, il commento di Garzik centra il punto: Bitcoin è un pezzo si software libero, su cui vigila un gruppo base di sviluppatori, ma resta un qualcosa di vivo che può essere copiato o alterato, ma non ucciso.

Intanto la criptomoneta continua a generare entusiasmo e dubbi, anche con il rischio speculazione come quando a dicembre il cambio arrivò a toccare i 1.200 dollari, oggi scesi a circa 600. Al centro della scena è in questi giorni il Giappone, dove ha sede Mt-Gox, il più grande cambiavalute di Bitcoin, il cui collasso è di appena una settimana. Il governo del Paese, pur non considerando il Bitcoin moneta, non esclude di poter tassare le transazioni.

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