L’annessione della Crimea alla Federazione Russa ha determinato la reazione degli Stati Uniti e dell’Unione Euro-pea. I primi due round di sanzioni adottate dai paesi occidentali hanno colpito principalmente esponenti politici e amministrativi russi e ucraini. I vantaggi dell’annessione russa sono principalmente di natura strategica. E’ vero-simile pensare che la prosecuzione del processo di annessione spingerà i paesi occidentali ad adottare ulteriori provvedimenti, ampliando quelli ad personam approvati finora contro la Russia.
COSA È SUCCESSO
Il 18 marzo il presidente russo Putin e il primo ministro della Crimea hanno firmato un accordo che pre-vede l’annessione della regione alla Federazione Russa come stato federato. La firma dell’accordo è scaturita dall’esito del referendum della settimana scorsa, in cui gli abitanti della regione hanno votato a favore dell’annessione alla Russia. Sia l’organizzazione che l’esito del referendum sono stati dichiarati illegittimi dal parlamento ucraino, secondo cui le autori-tà della Crimea non hanno competenza legislativa su questi temi. Anche Stati Uniti e Unione europea si sono dichiarati contrari al referendum e all’annessione della Crimea da parte della Russia, considerandoli atti di aggressione alla sovrani-tà dell’Ucraina e contrari al diritto internazionale.
La condotta della Russia e la formalizzazione dell’annessione hanno determinato la reazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che hanno approvato due round di sanzioni. I primi provvedimenti adottati -congelamento degli as-set all’estero e restrizioni sui visti – colpivano principalmente gli esponenti politici e amministrativi ucraini coinvolti nei disor-dini di Kiev. Successivamente le stesse sanzioni sono state estese a funzionari russi e ucraini, coinvolti nella secessione della Crimea e la sua annessione alla Russia.
Nonostante la pressione della comunità internazionale, Mosca non ha modificato il proprio approccio a sostegno dell’indi-pendenza della Crimea e della sua integrazione nella federazione. La Russia infatti ha già definito i prossimi passi verso l’integrazione della Crimea attraverso la creazione di una banca centrale dipendente dalla banca centrale russa (da cui dovrebbe ricevere circa $ 30 milioni a breve termine a sostegno della stabilità finanziaria), l’adozione del rublo come valuta principale (la grivna circolerà fino al 2015) e la nazionalizzazione degli asset pubblici presenti nella regione (in particolare gli asset militari, infrastrutturali e dell’industria energetica). Mosca inoltre mantiene truppe militari in Crimea (in parte di stanza nelle basi militari in loco, in parte inviate da Mosca successivamente) a cui si aggiunge la presenza di gruppi para-militari filorussi.
L’IMPATTO DELL’ANNESSIONE
La piena annessione della penisola di Crimea comporta alcune conseguenze per la Russia sia in termini economici che politici. La Federazione dovrà infatti far fronte ai costi derivanti dall’annessione della Crimea e dei suoi 2 milioni di abitanti. La regione è economicamente poco sviluppata e sostenuta da trasferimenti governativi superiori alla raccolta fiscale locale. Secondo alcune stime i costi necessari per garantire tali trasferimenti ed allargare alla Crimea il welfare russo potrebbero raggiungere i $ 3-4 miliardi annui. La Crimea, peraltro, dipende dall’Ucraina per gli approvvigionamenti di elettricità ed acqua. L’annessione alla Russia richiederà investimenti infrastrutturali e nel breve periodo un accordo con Kiev per il mantenimento di tali forniture.
Inoltre la rottura dei rapporti con l’Ucraina ha compromesso l’ipotesi di un ingresso di Kiev nell’unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan. Kiev ha infatti firmato l’accordo di associazione con l’UE, sebbene sospendendo per il momento gli effetti commerciali e dando esecutività alla parte politica. L’accesso dell’Ucraina nella custom union avrebbe comportato vantaggi commerciali per Kiev ma anche per la Russia, che avrebbe ampliato il mercato delle proprie esportazioni verso un paese di 40 milioni di abitanti. I vantaggi dell’annessione sono principalmente di natura strategica. La Russia potrebbe infatti ottenere il controllo su alcuni asset strategici della Crimea nel caso questi venissero nazionalizzati come previsto, in particolare giacimenti e impianti di idrocarburi. Attualmente in Crimea si estraggono 1,5 miliardi di metri cubi di gas e nella regione sono previsti una serie di progetti di esplorazione su giacimenti offshore. Il controllo del territorio della Crimea potrebbe inoltre comportare la riprogettazione del gasdotto South Stream, che finora escludeva il passaggio in Ucraina. È comunque dal punto di vista geopolitico che la Crimea ha il valore maggiore: l’annessione garantisce il mantenimento della base navale russa di Sebastopoli e soprattutto è interpretabile come una prova di forza del presidente Putin, che sul piano politico interno consolida il suo consenso popolare.
LA RELAZIONE INTERNAZIONALE
La prosecuzione del processo di annessione ha spinto i paesi occidentali ad adottare ulteriori provvedimenti, ampliando la lista delle personalità russe sottoposte a sanzioni ad personam. La persistenza della linea dura da parte di Mosca ha inoltre portato all’annuncio della sospensione della Russia dal G8 e all’arresto delle procedure di adesione all’OCSE. L’Europa mantiene un approccio interlocutorio con la Russia, anche a causa degli stretti legami commerciali e finanziari tra i paesi europei e la Russia. Misure quali import/export ban, blocco dell’operatività su determinati settori, imposizione di dazi o sospensione delle transazioni finanziarie comporterebbero conseguenze economiche
rilevanti non solo sulla Russia ma sull’Europa stessa. L’ Europa pesa per oltre il 50% sulle esportazioni russe, costituite principalmente da gas e petrolio. A sua volta l’Europa importa circa il 30% del suo fabbisogno di gas dalla Russia e destina al paese oltre il 7% delle proprie esportazioni.
LA REAZIONE DEI MERCATI
Nonostante l’incertezza della situazione i mercati hanno registrato una reazione moderatamente positiva. Il tasso di cambio rublo-dollaro USA, in calo da ottobre 2013, ha segnato una lieve ripresa scambiando a RUR 36,2 per USD rispetto al minimo di 36,65 raggiunto nel fine settimana precedente. Gli indici di borsa russi MICEX (in rubli) e RTS (in USD) hanno segnato rialzi rispettivamente del 6,7% e dell’8,3% rispetto alle chiusure della settimana precedente.
L’IMPATTO SULL’ITALIA
L’Italia è il secondo partner commerciale della Russia in Europa dopo la Germania. Le esportazioni
italiane in Russia superano i € 10 miliardi, trainate dai settori manifatturiero, della moda e dell’arredamento. Le imprese italiane operanti nel paese sono numerore, con investimenti diversificati su più settori quali quello energetico (ENI, ENEL), bancario (Unicredit e Intesa San Paolo), dell’aviazione civile (Alenia) e dell’agroalimentare (Parmalat, Ferrero, Cremonini). Anche la dipendenza energetica è molto significativa: il gas s’importazione russe è pari a circa il 30% del totale dei volumi importati.
Vista la diversità dei settori d’interesse tra i vari paesi europei, eventuali sanzioni commerciali richiederanno un accordo condiviso in grado di distribuirne il peso economico in maniera omogenea. Tuttavia, tale necessità rende verosimile una fase negoziale che difficilmente porterà a sanzioni stringenti nell’immediato, vista anche la necessità di raggiungere un consenso unanime tra i paesi membri UE. Permane invece la strategia delle sanzioni individuali con l’estensione delle san-zioni già disposte nei giorni scorsi a 12 nuove personalità russe, portando il totale a 33 soggetti.
POSSIBILI SCENARI
Visti i profondi legami commerciali tra i due blocchi, è plausibile attendersi un’ulteriore pressione per la ricerca di una soluzione diplomatica della contrapposizione. Le dichiarazioni del presidente Putin, che ha escluso un inter-vento militare in Ucraina orientale e si è detto disponibile a supportare un programma internazionale condiviso per la gestio-ne della transizione ucraina potrebbero essere un segnale interpretabile in tal senso. D’altro canto, il permanere di una netta contrapposizione aprirebbe la strada a scenari economici particolarmente gravosi. Se è difficile pensare che si arrivi ad una totale sospensione delle relazioni commerciali con la Russia, sanzioni con effetti rilevanti sull’economia russa potrebbero riguardare un blocco alle esportazioni nel paese in relazione a specifici settori, quale quello della difesa. Altre misure potrebbero colpire le imprese russe attive all’estero, impedendogli di operare o di aggiudicarsi l’assegnazione di nuove commesse. Ulteriori misure potrebbero infine limitare l’accesso ai mercati finanziari internazionali ed ai finanziamenti esteri alle imprese russe, le quali dovranno rinnovare oltre USD 120 miliardi di debito in scadenza nei prossimi 12 mesi. Sebbene le casse pub-bliche dispongano di ampie risorse (le riserve valutarie sono pari a circa USD 500 miliardi, superiori a 12 mesi di import co-ver) misure simili peserebbero sull’economia russa che già nel 2013 ha mostrato un calo della crescita del PIL, fermatosi all’1,5% rispetto al 3,4% raggiunto nel 2012.