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Cosa deve fare Renzi per uscire dal pozzo della crisi. I consigli di Mario Baldassarri

«Guardi, a me la spending review non me la devono insegnare: la studiavamo con Piero Giarda e altri economisti nella commissione tecnica sulla spesa pubblica che istituì Beniamino Andreatta, quando stava al Tesoro nel 1980».

Mario Baldassarri è un fiume in piena: laurea ad Ancona con Franco Reviglio e Giorgio Fuà, dottorato al Mit di Boston, seguendo gli insegnamenti Franco Modigliani, Robert Solow e Paul Samuelson, oggi ha chiuso gli impegni accademici dopo quasi quarant’anni di insegnamento e si dedica totalmente ai suoi studi col Centro «Economia reale» che presiede.
E ha chiuso anche con la politica: dopo essere stato viceministro dell’Economia e delle Finanze con i due governi di Silvio Berlusconi nella legislatura 2001-2006, è uscito dal Pdl perché, dice lui, «non stava mantenendo le riforme liberali promesse agli elettori».

Domanda. Professore, il nuovo premier Matteo Renzi ha davanti a se un lavoro immane. Lui ha lanciato alcune ipotesi in campo economico e molti si sono affrettati a dire che sono irrealizzabili, perché prive di copertura. Lei che idea si è fatto?

Risposta. Le rispondo, però le ricordo alcuni dati resi noti oggi, essenziali per il ragionamento.

D. Prego..

R. Il Pil è sceso sotto il livello del 2000: significa che siamo indietro di 13 anni. Soprattutto dal 2007 è sceso del 10%. Contemporaneamente il debito pubblico è salito a 2.046 miliardi ossia, dal 2000, è aumentato di 650 miliardi. Ma non basta. Ci sono i 100 miliardi dei debiti non pagati dalle pubbliche amministrazioni italiane, quindi siamo a 2146 miliardi di debito.

D. Un exploit negativo clamoroso…

R. Per correttezza ricordiamo che in questi 13 anni, per otto ha governato il centrodestra di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, per due il centrosinistra con Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa, per quasi altri due anni Mario Monti, per meno di un anno Enrico Letta. Tutti hanno aumentato le tasse. La spesa corrente è aumentata tantissimo con B. e un po’ meno con Prodi; mentre non è aumentata con Monti e, per ora, sembra non essere aumentata con Letta. Tutti però hanno fatto una cosa.

D. Vale a dire?

R. Tagliare gli investimenti pubblici. Abbiamo avuto una straordinaria continuità in 13 anni: di qualunque colore sia stato il governo in carica. Ovviamente al centrodestra va la responsabilità maggiore, avendo governato di più. Nel frattempo non c’è stato alcun rigore finanziario: tanto che il debito è aumentato.

D. Questi i fatti e queste le cifre, professore. E il premier, secondo lei, cosa dovrebbe fare?

R. Esattamente l’opposto: ridurre la spesa corrente, ridurre le tasse e aumentare gli investimenti.

Con una consapevolezza: in 13 anni la situazione è diventata tragica e ai ritmi attuali, ci vorranno altri 10 anni per uscire dal pozzo. Una svolta politica vera, realizzata e non soltanto annunciata, potrebbe dimezzare questi tempi.

D. Siamo in fondo al pozzo, lei dice?

R. Un giovane che aveva 25 anni nel 2007, nel 2023, quando forse saremo fuori dal pozzo, avrà 40 anni ed avrà passato i 15 anni centrali della sua vita in fondo al pozzo o arrampicandosi lungo la parete. Con quello che abbiamo fatto negli ultimi due anni, siamo risaliti di cinque centimetri e il pozzo è profondo 10 metri. Per ritornare «a rimirar le stelle», come diceva il poeta, c’è di mezzo l’inferno presente e il purgatorio dei prossimi anni.

D. Professore, torno alla domanda. Renzi che dovrebbe fare?

R. Rompere questa giostra, questa gara, e fare le proposte migliori e magari sacrosante: risanare l’Italia dal punto di vista idrogeologico, rifare le scuole che cadono a pezzi, aprire opportunità di lavoro ai giovani e alle donne, tutto il frutto dei vent’anni di mancati investimenti.

D. E come si rompe la giostra?

R. La responsabilità della politica è sì fare le cose buone ma, prima di tutto, dire dove prendere i soldi con cui farle.

D. Spending review ed evasione, dice il suo esperto Yoram Gutgeld.

R. Per fare la lotta all’evasione avremmo tutti gli strumenti dell’anagrafe dei contribuenti: possiamo incrociare qualsia dato, dal registro degli aeromobili, a quello automobilistico, ai dati catastali sugli immobili, alla movimentazione di conti bancari. Ma non basta: dovremmo innescare un sano conflitto di interessi consentendo la deduzione delle spese, scontrino per scontrino.

D. Modello americano, dicembre

R. Lo lascio dire a lei ché, se no, mi accusano d’essere un liberal filoamericano.

D. Quindi i blitz a Cortina, sono superflui…

R. Servono a buttare fumo negli occhi, l’anagrafe tributaria con le sue tecnologie tra le più avanzate al mondo, basta e avanza.

Leggi l’intervista completa su italia Oggi



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