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Referendum veneto: Assemblea Costituente o default dell’Italia

Non se l’aspettava nemmeno Gianluca Busato, l’ideatore del referendum per l’autonomia del Veneto, il risultato che, secondo i dati comunicati ieri sera, confermerebbe il SI all’autonomia di oltre un milione e mezzo di veneti.

Da anni scriviamo dell’opportunità di superare l’assurda residua distinzione tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale. Il Veneto confinante con il Friuli V.Giulia e il Trentino AA.AA. da molto tempo conduce la sua battaglia, non tanto per ridurre l’autonomia dei cugini altoatesini e friulani, quanto per acquisirne altrettanta per i veneti.

Da tempo sosteniamo l’idea che va rivisto l’intero assetto istituzionale dell’Italia, che non può più permettersi 20 regioni, 20 consigli regionali e loro società e agenzie derivate per puntare a realizzare l’idea di Miglio di un Paese confederato di quattro cinque macroregioni dotate di forti autonomie e collegate con un governo centrale al quale, dopo la mal riuscita sin qui costruzione dell’Europa, resterebbe solo il potere militare e della politica economica e finanziaria nazionale, atteso che si è colpevolmente perduto quello della sovranità monetaria, confinata a  una Banca centrale europea che non funziona come prestatore di ultima istanza, e lo stesso potere giudiziario è di fatto ancillare rispetto a quello comunitario.

Insomma un caos istituzionale al quale difficilmente può dare risposta il movimentismo improvvisato renziano o la facile scorciatoia del referendum veneto.

Al Busato e all’amico Zaia, oltre a ricordar loro che l’art. 5 della Costituzione sancisce “che l’Italia è una ed indivisibile“ e che il codice penale, all’art. 241, punisce gli atti violenti e idonei a menomare la indipendenza ed unità dello Stato. Così come l’art. 283 punisce il compimento di atti violenti idonei a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, vorremmo evidenziare che  risulta alquanto bizzarro e improprio il loro richiamo all’art. 10, comma primo, della Costituzione in cui si dice che la Repubblica riconosce le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, fra le quali il diritto all’autodeterminazione dei popoli previsto all’art. 1 della legge n. 881/1977 che ratifica la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici.

Più seria può diventare la minaccia di rivolta fiscale che, dopo un solo mancato versamento dell’IVA da parte dei contribuenti all’agenzia delle entrate e contestuale versamento alla tesoreria della Regione, metterebbe in crisi inesorabilmente la tenuta finanziaria dello Stato.

Pensare, tuttavia, che nel tempo del turbo capitalismo finanziario che ha messo in ginocchio l’economia reale e resa subalterna la politica a poteri forti incontrollati e incontrollabili, si possa dare risposta con improbabili ribellismi localistici, mi sembra inseguire progetti di giovanilismo politico.

O si procede sulla strada maestra della convocazione di una nuova assemblea costituente, con metodo proporzionale e sbarramento al 4-5 %, con il compito di riscrivere compiutamente il nuovo assetto dello Stato su base federale o assisteremo all’inesorabile default dell’Italia.

Ettore Bonalberti

www.insiemeweb.net
www.don-chisciotte.net



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