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Ecco che cosa (non) deve fare Renzi. Firmato: i burocrati ministeriali

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Domenico Cacopardo apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Abbiamo potuto leggere un documento che circola tra i capi dipartimento e i direttori generali romani. Il senso è quello di un autorevole suggerimento: «State guardinghi. La via del governo è tutta da vedere e le progettate riforme sono più fumo che arrosto.» Insomma, nessuna preclusione, ma «Non compromettetevi.» Per punti, cerchiamo di riassumerlo. Queste le osservazioni:

1. La Ragioneria Generale dello Stato, rafforzata dal vincolo di pareggio del bilancio inserito in Costituzione, è diventato un autonomo potere autoreferenziale. Sarebbe necessaria, più che la spending review, un’approfondita revisione degli oscuri criteri usati dalla Ragioneria. Non solo per una questione di trasparenza, ma soprattutto per consentire al governo e ai ministeri di formulare osservazioni e proporre cambiamenti. Il modello econometrico usato, infatti, non è attendibile.

2. La Germania, che ha versato il 51% del capitale della BCE, non rinegozierà un nuovo patto di bilancio europeo: il Fiscal compact rimarrà in vigore e sarà causa di inenarrabili sciagure. Tutto quello che, sullo sviluppo e sulle riforme, dice Renzi è destinato a scontrarsi con la realtà di una situazione determinata dalla dissennata firma posta da Monti sotto l’accordo.

3. La speculazione finanziaria globale non risponde ad alcuna logica politica e potrebbe avere di nuovo voglia di aggredire qualche Paese in difficoltà. Per l’Italia sarebbero altri guai.

4. Matteo Renzi è completamente solo (Andreotti ebbe una squadra di collaboratori di primo piano, in termini di potere, da Evangelisti a Cristofori; Craxi, Giuliano Amato; Spadolini e Ciampi, Maccanico; Berlusconi, Gianni Letta; Prodi, Enrico Micheli, etc.). Non si vedono persone di livello nell’inner circle renziano. Solo ragazzotti volonterosi ma senza esperienza per portare avanti le leggi, mediarle con la Ragioneria, coi gruppi parlamentari, con l’Europa.

5. La magistratura, infine, non sembra disponibile ad accettare qualsiasi intervento che la renda efficiente, costringendo il sistema a lavorare di più e con un minimo di produttività. Circola anche l’idea di disfarsi dell’alta burocrazia: debbono capire che si avvicinerebbero alla fine.

Queste, invece le ragioni per le quali Renzi potrebbe resistere (non realizzare le riforme, ma resistere e, quindi, conquistarsi la benevola collaborazione dell’alta dirigenza):

1. Renzi è solo. Non si vedono intellettuali ed economisti disposti a dargli una mano. Questa è la stessa considerazione del precedente punto 4. Si vuol dire che, libero da ingombranti consiglieri, può spingere i suoi ragazzotti sulla strada giusta e ottenere dal Parlamento qualche serio passo avanti.

2. Alfano è disposto a tutto pur di non andare a votare.

3. Il premier sembra, inoltre, volersi muovere nella direzione delle riforme ordinamentali a costo zero. Se fatte bene, potrebbero spingere sulla via della crescita.

4. La Ragioneria dello Stato si può battere se il Presidente del Consiglio e il Ministro del Tesoro impongono la trasparenza dei modelli econometrici «segreti ed interni» di calcolo del costo delle leggi. In questo modo finalmente il governo tornerebbe sovrano (vedi il punto 1 del ‘Non può’).

5. In Europa il voto all’unanimità è l’unica arma di pressione che abbiamo per ottenere rispetto. Dobbiamo usarla freddezza e razionalità, senza farcela nei pantaloni come Monti e Letta (sic).

Questo si scrive a Roma. Non sembrano considerazioni lunari, ma argomenti su cui riflettere.

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