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Rosneft e Gazprom, ecco le vere diplomazie economiche di Putin

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

La storia narra di una Russia stabile e sicura di sé solo quando dal Cremlino è governata con sicurezza. La regola valeva ai tempi degli zar, del Pcus e vale ancora oggi in piena epoca democratica, visto che Vladimir Putin è stato sempre eletto con regolari elezioni. Ed allora, dopo l’annessione della Crimea, in Ucraina per un caso della storia, è bene iniziare a capire cosa vorrà fare zar Putin, visto che potrebbe governare dal Cremlino ancora per quasi otto anni.

IL RUOLO DI ROSNEFT E GAZPROM
Per capirlo occorre concentrare l’attenzione su due società legate all’energia: Rosneft e Gazprom. La prima è il secondo produttore al mondo di barili di petrolio al giorno, dopo la saudita Aramco, l’altra il colosso mondiale del gas. Entrambe sono pienamente controllate dal Cremlino ed entrambe saranno oggetto di una crescita dimensionale nei prossimi mesi. Per acquisire cosa? Rosfnet, ad esempio, è ascesa alle cronache economiche italiane per essere diventata, con il 13%, il principale azionista di Pirelli. Qualche mese prima aveva rilevato dai Moratti un pacchetto di Saras, sia nella società che raffina sia in quella che opera nel trading petrolifero.

UNA DUPLICE STRATEGIA
Ma la strategia di Putin verso Rosneft e Gazprom sarà, parallelamente, duplice: utilizzarle come polo di aggregazione domestico di tutte le società private attive nel business dell’energia; essere il braccio operativo del Cremlino per acquisire posizioni societarie in mercati e Paesi amici in giro per il mondo. Nella nuova visione russa Rosneft deve diventare il colosso petrolifero, la più grande compagnia al mondo per produzione al giorno di barili, e Gazprom il suo contraltare nello stesso business energetico. Due colossi in grado di fare la differenza nelle relazioni internazionali, perché capaci di mettere a terra una potenza finanziaria che la Russia post comunista non ha mai avuto.

VERSO LA NAZIONALIZZAZIONE
Così iniziano ad assumere un qualche significato geopolitico i rumors moscoviti che danno ceduta a breve la Bashneft (15,4 tonnellate prodotte all’anno), la società petrolifera della regione di Bashkiria di proprietà della holding Sistema dell’oligarca Vladimir Yevtushenko, un tempo vicino al sindaco di Mosca Yuri Luzhkov, proprio alla Gazprom. La maggioranza dei russi, del resto, non è favorevole alle molte ricchezze accumulate dagli oligarchi, durante il crollo dell’Urss, nel settore delle materie prime. Ritiene la gestione statale migliore di quella degli oligarchi e quindi Putin, non solo non incontrerà alcuna resistenza nella società civile, ma rischia di accrescere la sua popolarità a colpi di nazionalizzazioni petrolifere. Perché di statalizzazioni nel comparto dell’energia ce ne saranno diverse e in tempi più brevi di quanto non si pensi in Occidente.

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