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Ecco perché l’inflazione in Italia continua a calare

Italia. L’inflazione è calata ancora a marzo, toccando nuovi minimi dal 2009, allo 0,4% secondo l’indice NIC e allo 0,3% sulla base della misura armonizzata Ue (in entrambi i casi in flessione di un
decimo rispetto a febbraio). Nel mese i prezzi al consumo sono aumentati di un decimo sull’indice nazionale (dopo essere scesi di altrettanto a febbraio) e sono saliti di 2,1% (al di sotto delle attese), da -0,3% m/m precedente, in base all’indice armonizzato (che come noto tiene conto delle variazioni temporanee di prezzo; l’aumento è infatti dovuto al rientro dell’effetto-saldi invernali).


PREZZI IN CALO

Il dettaglio per prodotto (secondo l’indice NIC) mostra che ancora una volta (come accaduto in 9 degli ultimi 12 mesi) si registra un calo dei prezzi delle comunicazioni (-0,7% m/m, trainato ancora una volta dagli apparecchi per la telefonia mobile); il maggior contributo negativo alla variazione dell’indice aggregato viene comunque dagli alimentari (in flessione di -0,3% m/m, per via dei ribassi dei prezzi sia dei vegetali freschi che della carne); in diminuzione anche i prezzi degli alcolici e tabacco (-0,3% m/m, per via del calo dei prezzi delle sigarette) e delle spese per l’istruzione (-0,1% m/m). Viceversa, si nota un aumento dei prezzi per i servizi ricettivi e di ristorazione (+0,6% m/m, superiore alla stagionalità del mese) e per i trasporti (+0,3% m/m, sulla scia dell’aumento stagionale del trasporto aereo passeggeri e nonostante una sostanziale stabilità dei prezzi dei carburanti), oltre che (ma più contenuto, di appena un decimo) per le spese per la casa e per la salute. Tutte le altre componenti mostrano una stabilità dei prezzi.

Da notare che per l’abbigliamento sarebbe stato lecito attendersi, in base alla stagionalità di marzo, un aumento. Viceversa, per le spese per il tempo libero (ricreazione e cultura) si nota una stabilità dei prezzi mentre in base alla stagionalità di marzo ci si poteva attendere un calo.

IN SINTESI

Il dato conferma, e accentua, la tendenza più che moderata dell’inflazione. Peraltro, l’unico settore realmente “in deflazione” si confermano le comunicazioni (-7% a/a, per un contributo negativo all’indice totale di due decimi), per le quali peraltro il calo dei prezzi sembra guidato più da fattori tecnologici (visto l’ampio peso della telefonia mobile nello spiegare la tendenza deflattiva) che non da fattori di domanda. Anche le componenti esogene hanno dato un contributo disinflazionistico, come visibile dal fatto che la componente “di fondo” del CPI (al netto di energia e alimentari freschi) si situa allo 0,9% a/a (contro lo 0,4% a/a dell’indice generale). Da notare invece che nel mese di marzo le componenti più correlate all’andamento della domanda (alberghi/ristorazione e tempo libero/cultura) hanno sorpreso verso l’alto (e su base annua mostrano variazioni superiori all’indice headline: +0,9% e +0,7% a/a rispettivamente). Si tratta di segnali del fatto che il calo del CPI non è interamente imputabile a fattori “genuinamente deflazionistici” come l’ampio output gap o la debolezza della domanda per consumi.

IN PROSPETTIVA

Il mese di marzo potrebbe rappresentare un punto di minimo per l’inflazione, che tuttavia rimarrà inferiore all’1% probabilmente sino a fine estate. Nel mese di aprile il calo delle
tariffe di elettricità e gas (rispettivamente -1,1% e -3,8%) manterrà molto bassa la tendenza. Solo negli ultimi mesi dell’anno si potrebbe vedere una risalita, che tuttavia lascerà la media dell’anno di poco al di sotto dell’1%.

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