Parte da Maria Antonietta, Giovanni Orsina, storico alla Luiss di Roma dove è anche vicedirettore della School of government, per spiegare da dove non bisogna partire per costruire il nuovo centro-destra: “Come la regina francese voleva dare brioche a un popolo affamato, anche in questo tempo di crisi e di paralisi politica, i valori non bastano più, conta fare le cose e una leadership forte che riesca in questo obiettivo”, dice l’autore del recente libro “Il berlusconismo nella storia d’Italia” ed editorialista del quotidiano La Stampa diretto da Mario Calabresi.
Professor Orsina, è d’accordo con l’appello lanciato su Formiche.net dal direttore Michele Arnese per un “nuovo centro-destra popolare e moderno”?
Assolutamente sì, sono del tutto convinto che questa sia la strada principale da seguire. Io sono bipolarista, si sta profilando un’identità ben definita a sinistra, c’è il quadro valoriale del Ppe in Europa e ci sono altri mille motivi… Ma ciò non può essere presentato come la somma di tanti pezzetti vecchi, l’immagine di mettere insieme un vaso rotto sarebbe devastante in termini simbolici per il centro-destra.
Da dove si comincia dunque?
Deve passare l’idea che sia qualcosa di nuovo, questo è un punto cruciale. Non si può più fare riferimento solo ai valori. Ho letto e recensito sulla Stampa “Moderati”, il saggio di Quagliariello, Roccella e Sacconi. È un quadro teorico ben costruito ma appare statico e un po’ polveroso. Ai tempi del “governo del fare”, i valori non bastano più. La ricostruzione del centro-destra deve partire dall’agenda delle cose da attuare e da chi ha la leadership per portarle a casa.
Non è rischioso non partire dai valori per ricostruire un’area politica?
È un meccanismo pericoloso, senza dubbio. Ma se per vent’anni il centrodestra se n’è infischiato di cultura e organizzazione perché aveva la leadership, oggi non può avvenire l’opposto. La gente è stanca di discorsi politici troppo articolati, vuole vedere i risultati.
Vede una leadership nel centro-destra che può ottenerli?
Non vedo leadership all’orizzonte con la forza di Berlusconi e di Renzi. Ci vuole carisma, cattiveria, la faccia tosta di fare quello che il presidente del Consiglio ha fatto a Enrico Letta che dal punto di vista umano è riprovevole, dal punto di vista politico ci può pure stare. Nessuno nel centro-destra finora ha dimostrato di avere queste qualità.
Come lo si trova allora un nuovo Berlusconi o un Renzi di destra?
In assenza di un nuovo Berlusconi che è un’invenzione della storia, il nuovo centro destra deve diventare lo strumento per selezionare le leadership in grado di rispondere a queste esigenze. Le primarie per esempio hanno svolto un ruolo fondamentale nel centro-sinistra, Renzi è un loro frutto, ne ha disputate ben tre, comprese quelle per sindaco di Firenze, ma alla fine è uscito fuori. Il centro-destra dovrà intraprendere un percorso di ricostruzione simile a quello intrapreso nel centro-sinistra nel ventennio berlusconiano. Con un vantaggio: il centrodestra non è bloccato da retaggi del passato e magari ci metterà meno di vent’anni.
Il passo indietro forzato di Berlusconi accelera o rallenta il processo?
Teoricamente dovrebbe accelerare i tempi ma quello che sta accadendo dentro Forza Italia non è confortante. Berlusconi ha dovuto fare un passo indietro ma è chiaro che non vuole eredi, fino a quando chiude con gli oligarchi ma apre a Giovanni Toti o a Maria Rosaria Rossi non si va lontano…
Alle Europee non è ancora tempo per una comune casa popolare?
Sicuramente Forza Italia e Ncd-Udc-Pi saranno contrapposti. Le Europee saranno un momento per cominciare a contarsi. Se Forza Italia prenderà il 17% invece del 21% dei voti e se i punti persi andranno al Ncd, allora sarà un segnale importante che potrebbe anche provocare un effetto valanga. Ma con Berlusconi non si sa mai…