Skip to main content

Emissioni industriali, cosa prevede il dlgs del Governo

È stato varato dal Consiglio dei ministri il decreto legislativo sulla riduzione delle emissioni industriali che recepisce la direttiva europea numero 75 del 2010. Lo schema di decreto è arrivato in Cdm dopo aver ricevuto i pareri dalle commissioni parlamentari competenti, pertanto è pronto per diventare legge.

La direttiva amplia il campo di applicazione della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, introduce specifici obblighi inerenti oggetto e frequenza dei controlli sulle installazioni, introduce l’obbligo di ricorrere a procedure telematiche a evidenza pubblica, modifica i requisiti autorizzativi minimi richiesti per alcune categorie di impianti d introduce obblighi nuovi e più severi inerenti lo scambio di informazioni a livello comunitario.

NOVITÀ PER L’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
Per prima cosa il decreto legislativo chiarisce che l’oggetto dell’autorizzazione integrata (Aia) sono le installazioni e non i progetti. Vengono snellite le procedure sul rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, eliminando l’obbligo di sentire i ministri della Salute, dello Sviluppo economico, dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche agricole.

Il decreto rivede le sanzioni per chi esercita la sua attività senza Aia, o dopo che questa sia stata sospesa o revocata, con l’arresto fino ad un anno o con una sanzione da 2.500 euro a 26.000 euro. Previste aggravanti in caso di scarico e smaltimento di sostanze pericolose. Nel caso in cui i possessori di Aia non rispettino le prescrizioni è prevista una sanzione da 1.500 a 15.000 euro. Previste aggravanti in caso di superamento dei limiti di alcune sostanze, per gli impianti di trattamento dei rifiuti o l’inquinamento di risorse idriche.

Il decreto rivede le sanzioni anche in caso di omissioni o di mancate comunicazioni specificando che parte delle risorse derivanti dagli illeciti dovranno essere destinate al ministero dell’Ambiente. Tra le altre cose si chiariscono i rapporti tra autorizzazione integrata ambientale e autorizzazione unica per la gestione di rifiuti. Si prevede così una procedura Aia anche nel caso di un primo rilascio dell’autorizzazione unica per i rifiuti, con conseguente estensione della loro efficacia anche ad aspetti costruttivi.

COSA CAMBIA PER GLI INCENERITORI
Il decreto rivede anche le norme riguardanti il funzionamento degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifuti. Tra le altre cose si stabilisce che in caso di incidenti o inconvenienti che incidano in modo significativo sull’ambiente i gestori degli impianti sono tenuti ad avvisare tempestivamente i Comuni, le Regioni e le Province di competenza territoriale. Il gestore viene inoltre obbligato a consetire l’accesso “in ogni tempo” ai soggetti autorizzati ai controlli fornendo loro tutte le informazioni e le documentazioni che richiederanno.

Tutte le spese dei controlli e delle ispezioni sono a carico del titolare dell’autorizzazione. La normativa rivede anche i valori limite per l’emissioni in atmosfera. Per esempio, secondo la nuova tabella inserita nel decreto, gli impianti di incenerimento non potranno superare i 10 milligrammi per metrocubo (mg/Nm3) di valore medio giornaliero di polvere totale, cosí come di toc o di acido cloridrico. O ancora: nei gas di combustione la concentrazione di monossido di carbonio non potrà superare i 50 mg/Nm3 di valore medio giornaliero.

Gli impianti dovranno adeguarsi entro il 10 gennaio 2016. L’articolo 29 del dlgs stabilisce inolte che le disposizioni del decreto legislativo dell’11 maggio 2005, n. 133, non si applicano ai procedimenti di autorizzazione e di rinnovo avviati dopo la data di entrata in vigore della nuova disposizione. Quel decreto recepiva una direttiva europea del 2000 in materia di incenerimento dei rifiuti.

NUOVI LIMITI PER I GRANDI IMPIANTI DI COMBUSTIONE
A partire dal 1 gennaio 2016 anche i grandi impianti di combustione anteriori al 2013 dovranno rispettare nuovi limiti di emissione. “Per quanto attiene agli impianti esistenti, i valori più severi sono stabiliti per gli stabilimenti che utilizzano biomasse, i quali, già oggi, rispettano limiti inferiori a quelli comunitari – ha spiegato il relatore del provvedimento in commissione Ambiente del Senato, Francesco Marinello (Ncd) – Per quanto attiene agli impianti nuovi, i limiti più severi sono applicati anche alle sedi che utilizzano combustibili diversi dalle biomasse.

In tali casi, le migliori tecnologie disponibili permettono prestazioni migliori di quelle previste dalla normativa dell’Unione europea”. In determinati casi si prevede che gli impianti potranno comunque sforare i limiti stabiliti, al massimo fino al 2023, per un numero di ore pari o inferiore a 17.500. Il ministero dell’Ambiente, tra le novità, deve inviare ogni tre anni una relazione alla Commissione europea relativa alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione. Gli stabilimento dovranno inoltre ridurre al minimo l’emissione dei composti organici volatili (Cov).

GLI AUTOPRODUTTORI E IL CASO DELLA RAFFINERIA DI GELA
Il decreto legislativo inoltre chiarisce meglio la definizione di autoproduttore, per le industrie che utilizzano i residui di raffinazione e di conversione della raffinazione del greggio per l’autoproduzione di energia elettrica. La nuova formulazione accoglie un’istanza di Confindustria che, nel corso di una audizione del 18 febbraio scorso davanti la commissione Ambiente della Camera, aveva lanciato l’allarme per la possibile chiusura della raffineria petrolifera di Gela, in Sicilia.

Nello specifico gli industriali puntavano il dito contro il comma 4 dell’articolo 28 dello schema di dlgs che poneva un problema interpretativo riguardo ad una definizione sull’utilizzo dei residui di raffinazione e di conversione della raffinazione del greggio destinati all’autoproduzione di energia elettrica, “che – si leggeva in un documento degli industriali – andrebbe meglio precisata per evitare interpretazioni restrittive che determinerebbero la chiusura della raffineria di Gela”.

Nel documento si spiegava che ad oggi la raffineria impiega i residui del processo di raffinazione (il cosiddetto petcoke) per produrre energie elettrica. Il 70% di questa energia viene usata per l’autoalimentazione della raffineria stessa. Questo, secondo Confindustria, consente a Gela di essere qualificata autoproduttore con un limite di emissioni di diossido di zolfo (So2) pari a 1000 milligrammi per metro cubo (mg/nmc) invece di 400.

Dunque viene stabilito, tra le altre cose, che l’autorità competente “in sede di autorizzazione, può applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il più elevato valore limite di emissione, per gli impianti multi combustibile, anteriori al 2013, che utilizzano i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i consumi propri dell’installazione, sempre che, durante il funzionamento dell’impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50 per cento della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili”. NAF

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter