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Fermare la guerra civile permanente

Dinanzi ai fronti contrapposti dei partigiani d’una guerra civile permanente, di cui i massacri giudiziari costituiscono una vistosa componente, non si può restare inerti. Occorre il coraggio virile di una iniziativa politica non compassionevole, né farisaica, giacché, in gioco, è palesemente l’ordine democratico.

Togliatti, come guardasigilli, comprese che, per non uccidere sul nascere la neonata Repubblica, bisognava avviare subito una grande pacificazione nazionale. Inventò un’amnistia generale: apparentemente intesa a mostrarsi generosi coi fascisti, i repubblichini e i monarchici sconfitti nel referendum istituzionale; in realtà studiata per archiviare le carneficine cui si erano dedicati quei comunisti del nord che, in dissenso aperto coi capi della resistenza, sognavano di lavorare per la causa di Stalin, come molti di loro avevano già fatto in Spagna contro gli anarchici. Saragat, per conquistarsi i voti comunisti, e diventare capo dello Stato, s’impegnò a dare la grazia a Francesco Moranino, pluriassassino di partigiani che, fuggito in Cecoslovacchia, non l’aveva chiesta, se non per intercessione del Pci: nel quale s’impose la linea di Giorgio Amendola, volta a creare le condizioni per un grande partito laborista italiano.

Non è in alcun modo giustificabile che, nell’anno di grazia 2014, dopo quei precedenti del giugno 1946 e del dicembre 1964, si lasci dilagare una guerra civile che coinvolge anche istituzioni che non garantiscono più né libertà personale, né valenza costituzionale dei partiti, né sovranità nazionale.
Oltre tutto, proprio ultimamente non sono mancate manifestazioni di recupero di uno spirito costituente, non necessariamente vincolato ad una collaborazione di governo. Lo stesso giorno in cui la cassazione confermava la limitazione di libertà per Berlusconi, un autorevole esponente di Forza Italia, Renato Brunetta, spiegava, in una intervista a Il Foglio, come sia nell’ordine naturale degli eventi che «le pulsioni renziane» possano incontrarsi con quelle berlusconiane, costruendo assieme una nuova Italia e una nuova Europa.

In termini ancora più semplici, si potrebbe riconoscere che, malgrado le invadenti scorrerie dei partigiani di una guerra civile permanente, esiste, a taluni livelli responsabili, una volontà costruttiva: che potrebbe tradursi, anche subito, in un nuovo patto costituzionale, per l’Italia e per l’Europa, tra formazioni tra loro competitive ma che ricercano l’unità nazionale, magari in funzione di una democrazia dell’alternanza.
Chi sa, parli. Chi può faccia. E agisca di conseguenza, utilizzando le proprie prerogative con una saggezza costruita sulle esperienze passate.



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