Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Alberto Pasolini Zanelli apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
No, l’America non manderà i paracadutisti in Crimea. Per ora si limita a non mandare, a non lasciarci andare, i paraplegici. Washington, imitata per ora da Londra e da Parigi, ha ritirato le rispettive squadre alle «speciali Olimpiadi» per i disabili in calendario, anche queste, a Sochi.
MISURE EFFICACI
Non è, evidentemente, la sola misura. Ben altre sono annunciate e diventeranno realtà nei prossimi giorni, settimane, mesi. Le più efficaci sono economiche. Gli Stati Uniti, l’Europa, gli organismi finanziari internazionali si preparano a mettere Mosca sotto torchio. E non si meravigliano se i suoi alleati da questa parte dell’Atlantico sono più cauti perché dipendono in larga misura dal petrolio e dal gas naturale made in Russia e alcuni Paesi, fra cui l’Italia, godono di sconti particolari. Messa alle strette, Mosca potrebbe rispondere chiudendo i rubinetti energetici.
UNA NUOVA GUERRA FREDDA?
L’America non ha di questi problemi immediati, ma ha, in compenso, altre preoccupazioni, a cominciare dal timore che la Guerra Fredda evada dal reame delle parole e tocchi ad esempio la situazione di altri Paesi usciti dall’orbita ex sovietica. Una preoccupazione ingigantita in questi giorni dal partito dei «falchi», compatto e molto attivo e che sottopone Obama a una pressione con pochi precedenti e che si compone, principalmente, dell’estrema destra repubblicana ma anche di una parte della sinistra democratica e interventista.
LE CRITICHE ALLA CASA BIANCA
I suoi esponenti si scavalcano a vicenda nel criticare la Casa Bianca. La gara finora l’ha vinta Hillary Clinton, che ha paragonato Putin a Hitler, mentre gli altri di solito si limitano a tirare in ballo Stalin. Obama, come è nel suo stile, si barcamena fra le pressioni e alterna parole e gesti, muove navi da guerra verso Sebastopoli, aerei in zona, sospinge l’Ue verso un ruolo più vistoso e moltiplica le conversazioni telefoniche con Putin.
FALCHI E COLOMBE
Le voci delle «colombe» americane sono meno frequenti e spesso più timide: pensano alla campagna elettorale in corso. Chi non ha di queste preoccupazioni è Henry Kissinger, il più autorevole esperto di politica estera, il regista degli anni più caldi della Guerra Fredda. Egli mette in guardia dalle decisioni precipitose e semplicistiche: «Se l’Ucraina deve sopravvivere indipendente, non potrà essere sempre l’oggetto del contendere ma dovrà ridiventare un «ponte» fra Washington e Mosca».
UCRAINA, RUSSIA
L’Occidente deve capire che per i russi l’Ucraina non potrà mai essere un «Paese straniero», fra l’altro perché la Russia è nata a Kiev come stato e come centro religioso. È stata parte della Russia per secoli e teatro di battaglie decisive contro mongoli, tartari, polacchi, turchi, svedesi. Quanto alla Crimea, essa diventò Ucraina solo nel 1954, come regalo di Nikita Krusciov, ucraino di nascita e successore di Stalin, per celebrare il trecentesimo anniversario dell’accordo fra i russi e i cosacchi. La storia non è solo «prologo», come proclama l’iscrizione incisa su uno dei principali palazzi di Washington: può essere anche prodiga di insegnamenti e consigli, che nella crisi presente sono stati disattesi da entrambe le parti.
ERRORI RECIPROCI
Putin si è comportato da avventurista, gli americani da miopi: «Demonizzarlo non è una politica: è un alibi per l’assenza di una politica». Potrebbe produrre soltanto un’altra Guerra Fredda. E un accordo non sarebbe così difficile: basterebbe che Mosca riconoscesse il diritto dell’Ucraina ad associarsi con l’Ue nel suo interesse economico, l’Occidente dovrebbe astenersi dal cercare di tirarla dentro la Nato. La Russia non può annettersi la Crimea ma può rafforzare le garanzie della sua autonomia all’interno dell’Ucraina. «Questi sono principi», ha concluso Kissinger, «non prescrizioni. Non piacerebbero pienamente a nessuna delle parti in causa. Ma se non vi si atterrà, diventerà inevitabile una corsa verso lo scontro, che non sarebbe nell’interesse di nessuno».