Ottimismo. Fiducia. Energia. Il renzismo non transige: basta musi lunghi, facce tristi, visioni pessimistiche. Giusto. Anche perché sono in vista le elezioni europee, il 25 maggio, e bisogna far lievitare i consensi del Pd, partito capeggiato dal primo ministro.
Dunque basta parlare e sparlare di tagli alla spesa pubblica. Il piano del commissario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, è di fatto stato rottamato, o comunque derubricato a un contributo da commercialista… D’altronde lo si era intuito dalla sufficienza con cui accennò al rapporto Cottarelli il premier Matteo Renzi nella pirotecnica conferenza stampa alla presidenza del Consiglio in cui illustrò la manovra (non) approvata dal consiglio dei ministri.
D’altronde non si può mica cianciare di sforbiciate alle pensioni, anche se superiori ai 26 mila euro l’anno, come si accenna nel piano Cottarelli. E non si possono neppure spaventare i laboriosi dipendenti pubblici con ipotesi di esuberi di 85 mila persone. Così come non si può pensare di tagliare le retribuzioni alte delle alte sfere delle burocrazie statali. Per carità, innovare e modernizzare va bene, ma con giudizio.
Anche perché piano e annunci da lacrime e sangue stridono con il messaggio ottimistico e sviluppista del premier, che non a caso punta molto in termini elettorali sui 10 miliardi di euro in più in busta paga per 10 milioni di lavoratori dipendenti: carburante per i consumi, quindi per la crescita. Certo, c’è sempre chi inizia a interrogarsi sull’effettivo impatto del provvedimento. Si disquisisce di lana caprina, secondo il renzismo.
Ma come si copriranno i tagli all’Irpef? Le ultimissime notizie parlano di qualche sforbiciata ai trasferimenti per Ferrovie dello Stato e Anas. Quando al resto, si vedranno i reali margini di trattativa con la Commissione europea.
Ma una solerte mano all’immagine del premier arriva dai soloni di Bruxelles e delle istituzioni europee. Quegli sghignazzamenti di ieri, in conferenza stampa, su Renzi e le intenzioni del governo italiano (dunque dell’Italia) non lanciano discredito sul primo ministro, ma sulle stolte visioni che corroboreranno – invece di inficiarli – gli obiettivi che faticosamente l’esecutivo italiano cerca di raggiungere.
Ride bene chi ride ultimo, non è vero?