Dietro le vicende dell’Ucraina e della Crimea traspare uno scenario più ampio di quello che ci è dato vedere: c’è di mezzo il futuro della Unione europea, quello dei rapporti con la Russia, la strategia americana e la creazione di una sorta di nuova Cortina di ferro. Se infatti l’Ucraina si saldasse all’Unione europea, si creerebbe un anello che la congiungerebbe alla Polonia ed alle repubbliche baltiche.
UNA RUSSIA ISOLATA
Rimarrebbe fuori, al momento, solo la Bielorussia. L’affermazione del Presidente americano Barack Obama, secondo cui già oggi “la Russia è isolata dal mondo”, non sembra riferirsi alle sanzioni irrogate o che potrebbero essere irrogate, ma allo scacchiere in movimento. Anche l’affermazione del Ministro degli esteri francese Fabius, che ha anticipato la esclusione di Mosca dal G8 per tornare alla precedente formazione del G7, aggiunge un ulteriore elemento di riflessione. Ci sono tanti interessi in gioco.
IL CORSO DELLA STORIA
La Storia riprende il suo corso: nel corso dei secoli, l’Ucraina è sempre stata terra di confine, in perenne contesa. Ancora di recente, è stata corteggiata dalla Russia che le ha proposto di entrare a far parte di un Patto doganale, e dalla Unione europea che ha ipotizzato un Accordo di associazione. L’Accordo in questione avrebbe dovuto essere firmato a Vilnius lo scorso 29 novembre. Non se ne fece nulla, anche se traspariva la delusione dei Capi di Governo europei: il Premier Yanukovich chiedeva una soluzione che evitasse alla Ucraina di dover scegliere tra le due alternative, perché entrambe avrebbero spaccato il Paese, come poi è successo. Si sospettava che fosse stata la Russia a spingere per non far firmare l’Accordo: c’è una questione di aiuti, di tanti soldi, e gli europei si erano presentati a mani vuote.
UNA NUOVA FASE DI ALLARGAMENTO
Siamo di fronte ad una nuova fase di allargamento a nord-est della Unione europea. La prima risale ai primi anni ’90, quando ci fu il collasso dei Paesi ex-comunisti: venne giustificata con l’esigenza di stabilizzarli, di offrire loro un contenitore di libertà e di garanzie, oltre che prospettive di crescita. L’insediamento delle industrie che delocalizzavano la produzione nei loro territori per via del basso costo del lavoro, e la libertà di circolazione, hanno offerto occasioni impareggiabili ed irripetibili.
UN RITORNO ALL’ANTICO?
Nei confronti dell’Ucraina è diverso, così come non è casuale la scelta simbolica di Vilnius per ospitare la Firma dell’Accordo di associazione, conclusasi con un nulla di fatto: in tempi andati, l’Ucraina fu parte del Granducato di Lituania, e poi della Confederazione polacco lituana. Questo è l’osso che starebbe a cuore a molti di ricreare, per confinare definitivamente la Russia: un ritorno all’antico.
Le preoccupazioni polacche, espresse in questi giorni, per un intervento militare russo in Ucraina ricordano tempi andati ma soprattutti quella di rimanere isolati, ancora una volta terra di mezzo tra Russia e Germania, destinata alla spartizione nell’intesa tra le due. Sa bene che siamo in un momento di passaggio per lo sviluppo dell’Europa, incatenata al rigore per la stabilizzazione e la riduzione dei debiti pubblici. La prospettiva di espansione economica della Germania è legata a rapporti economici sempre più stretti con la Russia: sono complementari.
NUOVI EQUILIBRI
E così, come la caduta del comunismo è iniziata dalla Polonia, ancora una volta è da un’altra terra di mezzo, stavolta l’Ucraina, che si delineano i nuovi equilibri che destabilizzano l’Europa: che così diviene ancora più grande, più complessa, più squilibrata, più disomogenea: insegue sogni di grandezza che realizzano disegni altrui. Come nel 1989, quando il Muro ci è caduto addosso, con il fardello di problemi accumulati in 50 anni di comunismo.
L’Europa intera è in un contesto destabilizzato: per un verso c’è il caos nel mondo arabo, dalla Tunisia alla Libia, dall’Egitto alla Siria, fino all’inedito conflitto tra Qatar ed Arabia Saudita, per l’altro si delinea una frattura verso la Russia.
IL NODO FINANZIARIO
Oltre alla questione del gas, arcinota, c’è quella degli aiuti finanziari. Nella situazione che si è venuta ora a determinare, l’Unione europea ha deciso di offrire alla Ucraina aiuti per 11 miliardi di euro ad un Paese che non è neppure associato, concessi senza nessuna condizionalità. Soldi di cui beneficerebbe paradossalmente la Russia, come ha ricordato Mauro Bottarelli su “Il Sussidiario”: vanno al rimborso titoli di Stato emessi da Kiev per 3 miliardi di euro, sottoscritti integralmente da Mosca. Soggetti alla legislazione britannica e probabilmente già ceduti ad un hedge fund: rifiutarne il rimborso sarebbe un bel problema.
ASSET IN DIMINUZIONE
Bloomberg, il 14 marzo scorso, ha dato notizia del fatto che gli asset detenuti dalla Federal Reserve in custodia per conto di altre banche centrali sono diminuiti di ben 104 miliardi di dollari, evento che ha fatto balenare l’ipotesi che sia stata la Banca centrale russa ad effettuare il prelievo, visto che il totale dell’investimento russo in titoli americani ammontava a gennaio scorso a 131,8 miliardi. Si dice che siano stati trasferiti in Europa. La City, se fosse così, avrebbe sfidato Washington. Per il Financial Times, che ha titolato “La Gran Bretagna di Cameron ha perso la stima dell’America”, tutto deriva dalla decisione di Londra di ridurre le spese militari. La Francia intanto continua ad usare le centrali nucleari, e quindi risente molto poco di una eventuale riduzione delle forniture di gas dalla Russia ed accelera sulla uscita della Russia dal G8…
L’ACCERCHIAMENTO DELLA GERMANIA
Ora la Germania si trova chiusa: a sud, da un fronte di Paesi pericolosamente indeboliti dalla crisi e dalla politica di austerità; ad est da una cintura di Paesi che temono la Russia; ad ovest da alleato francese che non ha grande interesse ad agevolare l’espansione dell’economia tedesca in Russia. Per non parlare della Gran Bretagna, sempre attenta ad attirare capitali e farli lavorare, di chiunque siano.
L’Ucraina è un boccone indigesto, non è solo terra da arare. L’Unione europea l’ha addentato senza valutare a pieno le conseguenze di questo passo. Eppure a Bruxelles c’è il Quartier Generale della Nato, si potevano informare. O, forse, l’hanno fatto.