Les Troyens di Hector Berlioz tornano, dopo vari lustri alla Scala, in una coproduzione spettacolare con Royal Opera House, Covent Garden di Londra,Wiener Staatsoper e San Francisco Opera . La direzione musicale è affidata a Antonio Pappano. La regia a David Mc Vicar, le scene a Es Devlin, i costumi a Moritz Junge e le luci a Wolfgang Gobble. Tra gli interpreti, Anna Caterina Antonacci , Daniela Barcellona, Gregory Kunde, Fabio Capitanucci , Alexandre Duhamel , Giacomo Prestia ,Shalva Mukeria,Paola Gardina, Maria Radner, Paolo Fanale, Mario Luperi e Elena Zilio. E‘ uno degli spettacoli scaligeri più attesi dell’anno. In Italia non lo si vede dal 2002 quando venne presentato al Maggio Musicale Fiorentino.
LA STORIA DI LES TROYENS
Les Troyens è, tra i capolavori del teatro in musica francese, uno dei meno rappresentati, nella versione integrale, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo. Non è solamente la durata (quattro ore di musica, sempre una buona mezz’ora in meno del wagneriano “Die Meistersinger”) ma la complessità di un allestimento che richiede frequenti cambiamenti di scena (da nove a dodici, in funzione delle interpretazioni registiche delle didascalie in calce al libretto), effetti speciali (combattimenti, cacce, incendi), grande impiego di masse, di cori e di balletto. Sin dall’età più giovane, Hector Berlioz sognava di ricostruire l’opera lirica francese, che considerava in crisi, partendo o da Shakespeare o da Virgilio. Lavorò incessantemente a ridurre per la scena il primo ed il quarto libro dell’”Eneide” pensando, però, non ad un inno alla pace, ma ad una epopea eroica quali quelle del passato, dalle versioni più gigantesche della “tragédie lyrique”. I suoi modelli erano Gluck e Spontini ; del primo si rifaceva principalmente all’”Ifigenia” (opere tra le più “guerriere” del maestro) e del secondo alla “Vestale” ed a “Fernando Cortes” (che di pace e pacifismo hanno ben poco). Per lui il melodramma verdiano e la musica dell’avvenire wagneriana erano passati senza lasciare traccia; era, essenzialmente, un decadente che nella seconda metà dell’Ottocento si agganciava alle esperienze della fine del secondo precedente, ma recepiva gli abbandoni sinfonici che, senza Wagner, il teatro in musica non avrebbe mai conosciuto.
IL RUOLO DELLE DONNE
I due grandi personaggi femminili de “Les Troyens” (Cassandra nella prima parte e Didone nella seconda) aborrono la guerra e tentano, in vario modo, di costruire un mondo di pace. Ma Enea, e soprattutto “Les Troyens” che fuggono con lui da Troia (il cui motivo conduttore è una marcia militare virilmente marziale) di pacifismo non hanno neanche l’ombra; avendo perso una guerra, con l’inganno (il cavallo di Troia), sono guidati dallo scopo monomaniaco di edificare, alla ripetutissima esclamazione “Italie!”, una nuova città di guerrieri da cui partire alla conquista del mondo. La musica – ad esempio, la frequente presenza di do e gli acuti tenorili – accentua quanto già dice il libretto. Lo fa soprattutto nei momenti descrittivi: il più idilliaco è una “grande caccia reale”.
UNO SGUARDO AL PASSATO
A Firenze, 14 anni anni fa, la regia di Graham Vick, le scene di Tobias Hoheisel ed i costumi di Hoheisel e Ingeborg Berneth tentavano, in un quadro atemporale, di dare una patina pacifista al lavoro: sarebbero “partigiani della pace” i cartaginesi in un’egualitaria età della povertà felice, analoga alla Cina vista, nei primi Anni 60, con gli occhiali di Giorgio La Pira. Ad essi si giustapponevano i troiani in uniformi da legione straniera, se militari, da talebani, se sacerdoti, e da bosniaci, se civili. Un’interpretazione forse discutibile, ma mai banale e preferibile ad una mera oleografia. Anche discutibile la decisione di dividere il lavoro in due parti distinte, con lunghi cambi-scena, tali da entrare gli spettatori in teatro alle 15,30 e, dopo una pausa, di farli uscire alle 24.
Alla Scala, del cui spettacolo offriamo le immagini in anteprima, la regia e la scenografia saranno molto classiche. Si entra in teatro alle 17 e si esce alla mezzanotte.