A distanza di sei mesi e, soprattutto, dopo lo sconvolgimento della scena politica nazionale (tramontato dell’esperienza montiana, tornata elettorale, “aborto” della reggenza Bersani, estromissione del Presidente Letta e auto-incoronazione del sindaco d’Italia Renzi) torna a parlare con Formiche.net il professor Carlo Pelanda: una delle menti più lucide ed autorevoli nella costruzione di scenari che combinano le scienze economiche, politiche, strategiche ed antropologiche secondo i metodi della Teoria dei sistemi.
…dove eravamo rimasti?
Alla sua esortazione-provocazione, Professor Pelanda: Oggi all’Italia ciò che serve è un nuovo partito popolare. È ancora dello stesso avviso?
Certamente.
Ma lei, Professore, nel settembre scorso proprio da queste stesse colonne, fu addirittura molto più esplicito: “Andrebbe ricomposto il fronte moderato che tenga insieme l’attuale centrodestra con i centristi del PD. Sarebbe un partito dal fortissimo consenso che ci permetterebbe di bilanciare il potere della Germania nel PPE”. Oggi la scena politica offre tutt’altra rappresentazione: un “tripartito” NCD-centristi-PD. Con un Partito Democratico interno al PSE. Addio sogni di gloria?
Il sistema politico è in transizione e non credo che tra un anno o due i partiti di oggi saranno quelli di domani. Il PD contiene cattolici e centristi la cui identità si colloca naturalmente entro il popolarismo europeo. I leader sono ormai intrecciati con la sinistra per motivi di interessi pratici, ma l’elettorato no. Pertanto c’è una certa massa di voto naturalmente di centro/centro-destra che è collocata a sinistra per motivi contingenti, cioè il fatto che il centrodestra è dominato da Berlusconi considerato, a torto o a ragione, un partner inaccettabile. Da un lato, fino a che Berlusconi rimane in tale posizione non vi sarà la migrazione dei centristi del PD verso l’area popolare. Dall’altro, prima o poi Berlusconi uscirà di scena oppure il suo partito verrà riconfigurato in modi accettabili ai centristi. Inoltre, la scelta di mettere il PD nel Pse scontenterà molti cattolici e centristi del PD stesso, forse accelerando il movimento. Ciò farà finire anche il PD che, pur eventualmente tenendo il nome, tornerà ad essere quello che in Italia può e dovrebbe essere: un partito minoritario, tra l’altro piuttosto disordinato al suo interno, cioè robetta che è stata rilevante in contrapposizione a Berlusconi, ma che non potrà esserlo nel futuro.
Vede possibile la formazione di un PPE italiano a trazione PD e senza Forza Italia?
Il centro-destra è un’area politica in trasformazione ed è probabile che si ricompatterà con nuovi nomi e leader. Il PD, ripeto, è ormai una cosa socialista e minore.
Ipotizziamo uno scenario: Renzi al centro alla guida di una aggregazione moderata trasversale, Berlusconi relegato a destra e Grillo stretto a sinistra. È fantapolitica?
Il processo di formazione del nuovo Partito popolare in Italia potrebbe essere lungo e quindi per un paio d’anni potremmo avere configurazioni politiche anomale. Ma poi i soggetti da lei citati spariranno o non saranno più protagonisti come oggi. Proprio per questo motivo tenteranno di mantenere più lunga possibile la transizione.
Altro elemento della scacchiera è il Colle. Per la terza volta il Presidente Napolitano ha rimesso la “palla al centro” accettando (come si dice oggigiorno) di “metterci la faccia”. Una strategia bene architettata (che però annovera già due “fallimenti”) oppure la più autorevole delle conferme ad una sua affermazione: oggi l’Italia è governata dall’esterno?
L’Italia è ancora considerata una “mina” nel mercato globale in quanto ha un debito insostenibile ed un sistema politico considerato incapace di governarla verso l’efficienza e la solidità. Per questo, nel 2011, sia gli attori del mercato globale sia le potenze più preoccupate della destabilizzazione eventualmente causata dall’implosione dell’Italia, cioè America e Germania, hanno preteso, Berlino in particolare, che il debito pubblico fosse ripagato con il risparmio degli italiani, cioè con un’azione fiscale-patrimoniale. Infatti il debito è poco più di 2 trilioni mentre il risparmio/patrimonio è circa di 8. A Napolitano è stato detto di fare così e così lui ha fatto, scegliendo Monti e Letta e congelando il sistema politico italiano per evitare devianze dal mandato esterno ricevuto. Renzi è solo una variante di questo modello non un cambiamento del modello di governo esterno dell’Italia mediato dal Presidente ed eseguito in modi di governo presidenziale e non, pur la forma rispettata, parlamentare. Brutta storia, metà colpa dell’inettudine italiana, metà del difetto di un’architettura dell’euro che non garantisce i debiti delle nazioni partecipanti.
Renzi stravince, si permette il lusso di “ripescare” al tavolo delle riforme il nemico di sempre, strapazza l’ala DS del PD e tenta di riconquistare a sé parte dei 5 stelle sfidando Grillo direttamente in Parlamento. È Renzi, secondo Lei Professore, il premier che può tenere testa alla Merkel?
Nel dicembre 2013 Letta tentò di ottenere da Merkel qualche concessione, mostrando che lui e Monti avevano “ucciso” abbastanza italiani per meritarla. Merkel disse “nein” e penso che questo sia costato al bravo Enrico il posto: la strategia non rende. Stranamente gli osservatori italiani non hanno commentato questo fatto che altrove è stato annotato come ipotesi che l’Italia avrebbe dovuto cambiare la strategia di mostrarsi docile con i tedeschi per poi ottenere almeno un osso. L’Italia, se vuole, infatti è l’unica euronazione che può bilanciare il potere tedesco, la Francia più limitata, perché meno potenza industriale, e più autolimitata perché ancora illusa di poter mantenere la diarchia franco-tedesca. Penso che queste considerazioni abbiano a che fare con la spinta sia interna sia esterna che ha fatto ascendere Renzi. Da un lato, è improbabile che un giovanotto inesperto possa perfino capire la geopolitica. Dall’altro, proprio questo tratto, nonché l’energia giovanile, potrebbe renderlo strumento utile per riequilibrare il potere in Europa.
Merkel concederà qualcosa?
Penso di sì, un pochino giusto per tenere a bada gli italiani e non far loro scoprire il potenziale di interdizione oggettivo che hanno contro i diktat tedeschi. Poi tenga conto che l’instabilità della Russia costringe la Germania ad avere il consenso dell’Italia, per altro con interessi convergenti verso quel teatro, e quindi a dare a Roma qualche cioccolatino. Ma niente di tale e Renzi, probabilmente, non potrà fare nulla di serio per togliere l’Italia dalla gabbia.
Chi potrebbe farlo?
A fine 2016 quando un nuovo Presidente repubblicano in America ed un nuovo Partito popolare in Italia dovranno avviare soluzioni vere: mercato unico euroamericano basato sulla collaborazione della Germania, ma anche sua sua rinuncia di essere il centro di un Impero euroasiatico. Entro questa architettura potremo finalmente ridurre spesa e tasse nonché mettere in sicurezza il nostro debito per ridurlo gradualmente via crescita e non impiego dei patrimoni privati. Il Partito popolare italiano avrà la missione di tutelare l’Occidente in Europa, sia bilanciando la Germania sia andando d’accordo con le cugine Cdu-Csu tedesche, e quella di rafforzare il pilastro italiano-mediterraneo del sistema. Lo spero e quindi non so dirle quanto sia previsione e quanto desiderio strategico.