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Il problema è Shaun. Rivogliamo Fiocco di neve

Poi ci si stupisce se uno è contro la modernità. E ci si chiede come mai con le nuove generazioni è sempre più complicato comunicare. Per forza. Prendete i cartoni animati, ad esempio. Nel volgere di una generazione sono cambiati completamente. I genitori crescono con Fiocco di neve e Nebbia e i figli con Shaun e Bitzer.
Già. Mentre in “Heidi”, il nonno è il depositario della conoscenza, dell’esperienza, del come erigere argini contra fortuna in un contesto, quello della montagna, che è, assieme al mare, metafora di vita, in “Vita da pecora”, serie cartoon della CBC di qualche anno fa, chi la sa più lunga di tutti è per l’appunto Shaun, la pecora. Avete capito bene, la pecora. Chi gliela porta la notizia a casa a Vittorio Sgarbi. A lui che ha coniato il catartico: “Capra! Capra! Capra!”.
Fiocco di neve è una pecorella che va accudita e attorno alla quale si catalizzano le attenzioni di tutti i protagonisti: quelle di Heidi, Peter e del Nonno. Fiocco di neve proprio non riesce a dare latte e rischia, quindi, di essere venduta al macellaio per il grandissimo dispiacere della piccola Heidi. Il nonno spiega ad Heidi che occorre raggiungere le cime più alte delle montagne, perché è lì che crescono le erbe migliori, quelle più aromatiche, le uniche che possono smuovere il ventre di Fiocco di neve e sottrarla al destino in cui si giuntano le leggi della natura con quelle dell’economia contadina.
Invece è Shaun, la pecora, a mettere ordine nei pasticci che combina Bitzer, il cane cui il fattore ha assegnato la responsabilità del gregge. Si esprimono tutti in versi incomprensibili i protagonisti di questo cartoon. Anche il fattore. E non fa una gran figura, l’uomo, anche perché non nota mai nulla di strano in un gregge che ordinario proprio non è. Meno che mai fa bella figura il cane. Le gag e le storie che animano gli episodi non fanno altro che evocare, molto spesso, canovacci di vecchi film famosi. Pensate all’episodio in cui le pecore, per evitare la tosatura, studiano un piano di fuga dalla stalla attraverso uno scavo sotterraneo mentre in sottofondo va il motivo de “La Grande Fuga”, il film con Steve Mcqueen. Insomma, Shaun sta a Fiocco di neve come Mr. Bean sta a 007. Il proverbio che vuole il lupo che perde il pelo ma non il vizio non saprei proprio come recuperarlo dopo aver visto “Vita da pecora”. Ormai c’è da spettarsi di tutto. Anche che il lupo, fuori dalla casa di mattoni, mentre gonfia i polmoni prima di soffiare, venga mangiato dai porcellini.

I nuovi cartoni animati raccontano fatti sempre lineari, gravati dalla pesantezza della pedagogia – pensate alla camurria degli episodi di Peppa Pig nella versione inglese che vengono trasmessi due alla volta a velocità diverse –. Quanto ci manca la Pimpa con le linee immaginifiche di Altan e di Osvaldo Cavandoli. Di lei che chiede alle onde di ammansirsi per permettere al pesce rosso che non ha mai visto il mare di tuffarsi.
Il guaio della modernità è tutto lì. Nel non sapere accendere l’immaginazione. Finendo con il generare pesci da acquario e mai, mai pesci di mare.

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