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La Grande Bellezza e la grave sregolatezza del Sud

Alberto Gambescia da oltre due anni dirige la fondazione “Mezzogiorno Europa”, nata nel 2000 su impulso del presidente Giorgio Napolitano, per accendere un faro sui problemi del “nuovo Mezzogiorno” e per raccogliere la sfida “dell’euromeridionalismo”.

Una vittoria agli Oscar che ha un retrogusto amaro, come il soggetto della “Grande bellezza”, il film del regista napoletano Paolo Sorrentino, interpretato dal suo “attore-feticcio” Tony Servillo.
A Hollywood, a 15 anni dall’ultima statuetta per l’Italia, sfonda il “clan made in Naples”, confermando che in fatto di creatività i partenopei sono unici. Da alfiere del Mezzogiorno, come commenta questo successo?

Una bella sorpresa che conferma il genio italico e il suo apprezzamento all’estero. Del resto anche Tornatore era un uomo del Sud. Ma il sapore resta agrodolce. Non vorrei si ripetesse l’approccio “antropologico” di molta parte dei meridionali, come se il genio debba sempre e necessariamente far rima con sregolatezza. Che è la causa di molti mali del nostro territorio. Purtroppo, non basta la creatività e il talento a riscattare i nostri territori: rimane un velo, una cappa sui problemi del mezzogiorno e dei meridionali. Ecco perché questo film è anche una riuscitissima rappresentazione dell’immobilismo di questo Paese, di cui, purtroppo, il Mezzogiorno è stato uno dei maggiori interpreti.

Come si concilia la parola Sud con Europa?
Malissimo, finora. C’è stato un preciso intendimento, dei precedenti governi italiani ed europei, verso la rimozione del problema del Sud, non solo d’Italia ma d’Europa, scegliendo la via (legittima, per carità) dell’allargamento ad Est, verso paesi ad influenza tedesca. Stiamo pagando il prezzo di un’Europa “carolingia”, con effetti macroeconomici disastrosi. L’austerità è figlia di questa visione politica. Ora bisogna porre rimedio a questa grave mancanza che ha prodotto squilibri territoriali e sociali di grande portata. Serve un cambio di rotta determinante.

Il governo Renzi, si configura a fortissima trazione tosco-emiliana con 6 ministri e 11 tra vice e sottosegretari che vengono dall’Appennino. Il Mezzogiorno è poco rappresentato. Inoltre il dicastero della Coesione territoriale, nato con il governo Monti e proseguito con l’esecutivo Letta, non c’è più. Un problema per il Sud?
Mi rifiuto di pensare che le sorti del Mezzogiorno dipendano esclusivamente dal “gioco delle caselle”.
D’altro canto, ricordo tempi neanche troppo lontani dove il Meridione esprimeva molti ministri e segretari di partito (soprattutto campani!!), e non mi sembra che questo abbia determinato un radicale cambiamento delle condizioni di vita dei cittadini del sud Italia.
Il Presidente Renzi, nella sua replica in Parlamento, il giorno della fiducia, ha detto chiaramente che è un tema “che richiede risposte e non parole”. Sono d’accordo.
Aggiungo però che – probabilmente – il ministero della Coesione avrebbe potuto aiutare in questo intento.
Con il Ministro Barca prima e con Trigilia poi, l’inversione di tendenza è stata radicale e spero che questo prezioso lavoro non venga disperso. L’attenzione sul tema dei fondi comunitari deve essere costante. Scontiamo molti ritardi e mancanze nell’utilizzo delle risorse. Se poi ci mettiamo che la percezione dell’opinione pubblica sui rappresentanti politici del meridione si esaurisce a quella di un sottosegretario dimissionario, troverei urgente una più congrua e diversa rappresentazione del Sud.

Il Mezzogiorno è spesso visto come fanalino di coda dall’altra parte del Paese che puntano l’indice contro il degrado di molte aree. Che ne pensa?
Su questo hanno ragione. Troppo tempo è stato perso nell’affidarci soltanto alla bellezza (statica), alla contemplazione. La responsabilità del degrado è in primis di coloro che l’hanno determinato, ma non dimentico le responsabilità politiche nazionali, di ciascun schieramento, dagli insulti della Lega (che ha fatto drenare “ideologicamente” risorse importanti verso Nord) alle “errate” riforme costituzionali che hanno determinato un’assenza di dialogo tra i livelli centrali e periferici di Governo: tutti hanno contribuito a determinare l’accentuazione degli squilibri.

Come commenta i nuovi crolli a Pompei?
Pompei potrebbe essere un caso di scuola, se solo permettessimo l’ingresso dei privati nella sua gestione. Non del sito archeologico che deve rimanere alle cure (sic!) delle Sovrintendenze (importante l’istituzione della sovrintendenza speciale di Pompei da parte del Ministro Bray), ma della parte “allargata” del sito archeologico, la cd “extramoenia”, in modo da aumentare considerevolmente la recettività del sito, consentendo così di sostenerne le cure.
Le risorse nazionali scarseggiano, dobbiamo usare al meglio quelle comunitarie, perché non possiamo permetterci di perdere uno dei tesori dell’umanità. Con i fondi europei destinati al “Grande Progetto Pompei” e con un diverso approccio pubblico/privato, si possono fare grandi passi in avanti .

Fondi europei, alcune regioni del Sud in passato non ne hanno giovato completamente, a causa di ritardi e mancanza di progettualità. Come si può tornare a contare di più in Europa?
Per prima cosa, eleggendo rappresentanti che abbiano a cuore i destini dell’Italia in Europa. Bruxelles non può più essere considerata come “un cimitero degli elefanti”. L’80% della legislazione italiana si decide a Bruxelles ed è lì che dobbiamo dare battaglia. Questa Europa non ci piace, ma per cambiarla è necessario avere le idee chiare e persone più motivate . Non tutte le regioni del Sud hanno utilizzato male i fondi europei ed è pur vero, che anche regioni del Nord non ne hanno fatto buon uso. La verità è che è mancata una reale cultura europea: fino ad oggi le istituzioni comunitarie sono state percepite ed utilizzate come un bancomat senza fine. E’ ora di invertire la rotta.

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