E’ di poche ore fa la notizia di uno scontro avvenuto fra due treni in Calabria.
Il quotidiano ‘Il Messaggero’ rilancia l’agenzia condendo la notizia di particolari: «Lo scontro tra i due convogli, composti da un locomotore e da un locomotore con un vagone, è avvenuto nei pressi del santuario della Madonna di Porto. Nel momento dell’impatto, nella zona cadeva una pioggia intensa che ha reso in seguito difficoltoso l’intervento di forze dell’ordine e soccorritori. Sul posto, insieme a polizia, carabinieri e vigili del fuoco, è andato il sindaco di Gimigliano, Massimo Chiarella, per partecipare al coordinamento dei soccorsi».
Lo scontro, dunque, è avvenuto sulla Catanzaro-Cosenza, linea – per l’appunto -, non principale come può essere una Roma-Milano o cose di questo genere. E’ una linea, però, che trasporta studenti, pendolari, insomma, classe lavoratrice: «in gran parte lavoratori e studenti pendolari che ogni giorno raggiungono Catanzaro utilizzando i convogli».
La maggior parte dei lettori della notizia, dunque, si comporterà in questo modo: storcerà la bocca, penserà ai feriti (gravissime due donne), butterà giù qualche insulto usando una generica terza persona plurale – loro – che si è andata a sostituire al ‘piove, governo ladro’ di qualche tempo fa.
Buona parte della popolazione lo farà, non c’è dubbio.
Vale la pena però ricordare che questo incidente conferma, se ce ne fosse stato un ulteriore bisogno, che lo stivale viaggia sempre più a due velocità: da una parte c’è l’istinto a voler tendere e guardare ai ‘modelli europei’, alle alte velocità, a collegamenti rapidissimi tra due nazioni.
Dall’altra c’è il cuore pulsante dell’Italia che possiede un unico binario, disservizi ogni giorno maggiori, incidenti gravissimi.
Non è un parlare inutile: agli occhi dei più sembra sempre più siderale la distanza tra il dibattito per far ripartire l’Italia, per usare una sorta di renzismo, e quello di politica locale o di problemi quotidiani estremamente localistici.
Il punto di congiunzione, in realtà, dovrebbe essere molto forte: un dibattito che sia alto e che debba affondare le sue radici nella ripartenza di un paese in piena stagnazione, parte dai centri di provincia e comuni sempre più lasciati emarginare dal resto del contesto in cui sono immersi.
Il tessuto sociale si slabbra con troppa facilità e la retorica politicista vuole che, però, si rispettino i vincoli del patto di stabilità, si approvi il fiscal compact – ormai in Costituzione -.
Da un lato la tav, lodata dalla maggior parte di forze politiche in Parlamento eccetto rari casi di Sel e M5S; dall’altra l’arretratezza di chi ogni giorno, ostinatamente, funge da ariete di sfondamento contro la retorica vuota del “ce lo chiede l’Europa” , sperimentando sulla propria pelle l’effetto del fiscal compact, dei tagli lineari e dei continui disservizi.
L’Italia è, sempre più, un paese a doppia velocità ma non a doppio binario: è uno, e a breve lo schianto sarà imponente.