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Marine Le Pen e il fronte antieuropeo

Oggi i titoli di giornale si dividono tra la tensione USA/Russia e l’avanzata del Fronte Nazionale (FN) di Marine Le Pen.

Sul primo argomento mi ero già espresso in altre occasioni, dimostrando la mia perplessità sul metodo della UE nell’affrontare questa gravissima situazione. Un vero e proprio fallimento diplomatico e una dimostrazione di sudditanza agli USA che rischia di far apparire l’UE come un’entità priva di autonomia e di capacità d’azione. Staremo a vedere.

Sul secondo argomento, invece, è indispensabile riflettere attentamente.

Le elezioni europee sono alle porte e i pronostici sono drammatici. Dice bene Romano Prodi, quando parla di “elezioni difficili”.  Le forze populiste ed euroscettiche sono in crescita un po’ ovunque. In Germania il nuovo movimento politico  Alternative für Deutschland (AfD) è dato al 7%. In Italia, come noto, il M5S di Beppe Grillo resta stabile oltre il 20%, anche se in riduzione rispetto alle aspettive dei mesi precedenti – complice la strategia autolesionista dei grillini di ferro, dediti ad espulsioni ed epurazioni di massa; ma pur sempre una forza che attira consensi. In Francia, invece, è il partito di ultra-destra guidato da Mariene Le Pen ad aver registrato un grande successo alle elezioni amministrative. Inoltre, nei sondaggi per le intenzioni di voto per le europee è il partito dato in vantaggio al 24% delle preferenze.

A fronte di questo grande successo, Le Pen ha chiamato a raccolta tutti i partiti e i movimenti antisistema e antieuropei per creare un fronte comune. Staremo a vedere cosa accade. Nel frattempo, per fortuna, il M5S ha ufficialmente declinato l’invito.

L’Europa si trova oggi ad affrontare una sfida fondamentale per la sua stessa esistenza. Il progetto d’integrazione iniziato dopo la fine della seconda guerra mondiale non si è concretizzato in una vera unione dei paesi europei. Per andare oltre a ciò che io definisco Lega Anseatica d’Europa occorre una presa di coscienza dei popoli che il futuro è l’Europa e che non è possibile, né economicamente né politicamente, competere nel mondo con il solo ruolo degli Stati Nazionali.

L’integrazione politica deve ora seguire a quella economica. L’integrazione economica deve essere rivista perché ci sono state, negli anni, mancanze e imprudenze che dal 2008 ci troviamo a pagare gravemente. Da una vera integrazione politica potrà generarsi una integrazione culturale e sociale e questo, per essere chiari, non significa affatto cancellare tradizioni locali, usanze e costumi.

La comunicazione e l’informazione sono gli elementi deboli di questo processo. Le persone sono disinformate e i movimenti populisti, che crescono, come noto, nei periodi di grave crisi economica e di distanza dalla politica (l’astensionismo è ovunque il vero partito vincitore), fanno leva sulle paure e su scenari apocalittici, vendono fumo e inganno. L’uscita dall’Euro è data come la soluzione a tutti i problemi, il ritorno al nazionalismo come un modo di tutelare gli interessi dei “francesi” o degli “tedeschi” dall’approfittamento di popoli pigri e spendaccioni, come i greci, gli spagnoli e gli italiani.

Le forze politiche a vocazione europeista devono collaborare per proporre una visione alternativa d’Europa. Per la prima volta, per esempio, le forze che si ritrovano nella famiglia dei socialisti e dei democratici sostengono un candidato comune, Martin Schulz e questa sarà una grande occasione per dare all’Europa un indirizzo nuovo. Bisogna ridare dignità al concetto di “solidarietà” che è stato volutamente stravolto, sovrapponendovi i concetti di opportunismo e di assistenzialismo.

Le forze di destra antieuropee che si stanno diffondendo devono essere arginate con una vera politica comune europea, che sia capace di spiegare l’importanza del progetto Europa Unita: valore e obiettivo per il presente e per il nostro futuro.

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