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Così la Germania dice no alla propaganda cinese sull’Olocausto

La Germania non vuole prendere parte né essere tirata in mezzo alla guerra di propaganda in corso in Asia orientale tra Cina e Giappone.

Secondo quanto rivelato da fonti diplomatiche allo Spiegel, il governo tedesco ha respinto la richiesta cinese di includere le visita al Memoriale degli ebrei assassinati d’Europa e al Neue Wache, il Memoriale delle vittime del fascismo e del militarismo, nell’itinerario ufficiale del viaggio del presidente cinese Xi Jinping a fine marzo. L’ambasciatore cinese a Berlino, tuttavia, ha smentito che una simile richiesta sia mai partita .

LA VISITA DI XI
La visita sarà la prima di Xi da capo di Stato nell’Unione europea. Il 24 marzo sarà all’Aia, nei Paesi Bassi per il Summit per la sicurezza nucleare, occasione per un incontro con Barack Obama. Altre tappe saranno Parigi e Bruxelles, per un faccia a faccia con i leader europei.

IN FORMA PRIVATA
Il presidente cinese potrà rendere omaggio alle vittime dell’Olocausto e della Seconda Guerra Mondiale in forma privata, ma Berlino non è intenzionata a essere presa come termine di paragone per contrastare quello che Pechino denuncia come il revisionismo giapponese sulle proprie responsabilità belliche.

UN TEMA DELICATO
La Cina vuole che la visita di Xi punti in modo deciso sulla Seconda Guerra Mondiale”, scriveva a febbraio l’agenzia Reuters. Un progetto che non suscitava entusiasmo in Germania, ferma da subito nel respingere la visita al Memoriale dell’Olocausto perché tema troppo delicato nella coscienza e nella memoria tedesca.

DIFFICILE EQUILIBRIO
I tedeschi sono a disagio con questo genere di cose”, ha spiegato una fonte diplomatica all’agenzia britannica. Non approvano inoltre il continuo richiamo cinese al passato.
Come sottolinea Stephen Nagy, esperto di Giappone all’Università di Hong Kong, citato dal South China Morning Post, la cancelliera Angela Merkel si trova a dover gestire i legami economici con Tokyo e allo stesso tempo tutelare gli interessi degli imprenditori tedeschi che guardano al mercato cinese. Dati del 2012, la Cina è il quinto Paese importatore di merci tedesche, il Sol Levante il 16esimo.

I PUNTI DI CONTRASTO
Berlino prova dunque a mantenere un equilibrio, mentre la Storia resta uno dei punti di contrasto tra Tokyo e Pechino, tanto più da quando i due governi sono alle prese con un braccio di ferro per la sovranità sulle isole chiamate Senkaku in giapponese e Diaoyu in cinese, alcune delle quali di fatto nazionalizzate dai nipponici a settembre del 2012, con l’acquisto dai proprietari privati. Lo stesso aumento del 12,2 per cento del budget militare, il maggiore negli ultimi tre anni, annunciato ieri dal premier Li Keqiang all’apertura della sessione annuale dell’Assemblea del popolo, l’organo legislativo del Dragone, va letto con un occhio alle dispute nel Mar cinese orientale e nel Mar cinese meridionale.

IL REVISIONISMO DEI DUE PAESI
Il ritorno al governo dei liberaldemocratici di Shinzo Abe ha portato il tema del revisionismo nella contesa. Il premier non fa mistero di ritenere che ormai l’arcipelago abbia pagato il debito per le responsabilità storiche e che sia arrivato il momento di rivedere la costituzione pacifista imposta alla fine del conflitto mondiale.

LA VISITA AL SANTUARIO
La visita di Abe al santuario shintoista Yasukuni, dove sono ricordati i caduti per la Patria, ma tra i quali figurano anche 14 criminali di guerra, ha inasprito lo scontro e provocato anche la reazione della Corea del Sud, dove, come in altri luoghi dell’Asia, è forte il ricordo delle atrocità compiute dalle truppe imperiali durante la prima metà del Novecento e dove, secondo gli ultimi sondaggi, il primo ministro giapponese è addirittura dietro il dittatore nordcoreano Kim Jong Un nell’indice di gradimento.

IL MASSACRO DI NANCHINO
Quale sia l’uso della Storia in questa guerra d’immagine lo dimostra la notizia apparsa nelle scorse settimane sulla versione online del Quotidiano del Popolo dell’inizio delle riprese di un documentario sulla famigerata Unità 731, legata all’esercito imperiale nipponico e specializzata in ricerche sulla guerra batteriologica e chimica. Iniziativa che si affianca alla proposta di inserire nel patrimonio Unesco i documenti sul massacro di Nanchino del 1937, il cui bilancio fu di 300mila morti. Una proposta presentata a stretto giro dalla richiesta giapponese di considerare patrimonio dell’umanità le lettere dei kamikaze.

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