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Perché il fango non ha distrutto Finmeccanica

L’ultima retata della magistratura napoletana nei confronti di alcuni ex dirigenti apicali di Finmeccanica riapre il dibattito sulla gestione Guarguaglini. Dal 2002 al 2011 Pierfrancesco Guarguaglini è stato il padre-padrone del principale gruppo manifatturiero italiano dopo la Fiat.

Il suo lungo regno è coinciso con una storia manageriale criminale? La domanda è quasi un atto dovuto se si scorre la lista dei manager arrestati o incriminati dalla magistratura nei vari filoni di inchiesta già aperti. Sono finiti in galera Giuseppe Orsi, ex a.d. AgustaWestland, Carlo Gualdaroni, ex a.d. Elsag e Telespazio, Sabatino Stornelli, ex a.d. Seicos, Francesco Subbioni, ex a.d. di Electron Italia, Paolo Pozzessere, ex direttore commerciale del gruppo, Lorenzo Borgogni, ex direttore delle relazioni istituzionali della holding, mentre Marina Grossi, ex a.d. di Selex, ha già patteggiato un anno e due mesi di reclusione per gli appalti Enav. Trasversalmente, una parte non marginale della prima linea di Guarguaglini ha terminato la sua carriera manageriale nelle patrie galere.

Ma sarebbe eccessivamente banale utilizzare questo fatto per costruire un sillogismo altrettanto banale: Finmeccanica fa business in maniera non legale. La realtà giudiziaria lascerebbe ipotizzare un gruppo distante anni luce dalla meritocrazia, dalla gestione secondo standard internazionali, dall’etica degli affari. Certo, il lungo periodo del berlusconismo ha sicuramente prodotto effetti collaterali non minimi sulla cultura aziendale. Certo, la politica, anche quella di centrosinistra, si è interessata troppo di nomine e di operazioni societarie dimenticandosi che il 70% delle azioni di Finmeccanica sono di proprietà di fondi e investitori sparsi in mezzo mondo. Certo, se il quartier generale di Finmeccanica fosse stato altrove e non a Roma, a meno di un chilometro dai palazzi del governo, molti meno problemi si sarebbero avuti. Tutto vero, ma resta il fatto inquestionabile che su almeno due materie, elicotteristica ed elettronica per la difesa, Finmeccanica è ancora oggi un player di dimensione globale. E che si tratta di un avviamento industriale che gli italiani, presenti e futuri, hanno tutto l’interesse a preservare.

Nel dopoguerra per molti decenni Finmeccanica ha pubblicato una rivista dal titolo bellissimo: La civiltà delle macchine. Un richiamo diretto al suo Dna, ai geni fondanti di questo gruppo manifatturiero, perché una grande impresa non può mai essere una storia criminale e basta. L’anima di un’azienda è sempre rivolta a produrre e inventare per guadagnare, ma facendolo migliora la qualità della vita. E questa è anche la mission da sempre di Finmeccanica che ora il governo Renzi è chiamato a valorizzare al meglio.

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