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Perché sul clima l’Europa non accetta reprimende

I dati del quinto rapporto IPCC confermano ciò di cui ormai siamo tutti consapevoli. Il surriscaldamento del pianeta sta causando mutamenti climatici già in atto con costi gravissimi attuali e ancora maggiori in proiezione futura.

L’incremento nella frequenza e nella intensità di eventi climatici “estremi” anche in Italia, con un pesantissimo tributo di vite umane ed enormi danni per alluvioni, frane, violente esondazioni dei fiumi, ci mette davanti alla necessità di scelte che non possono più essere rinviate.
Sul fronte nazionale occorre proseguire e intensificare le politiche di riduzione delle emissioni e incremento dell’efficienza energetica, ma occorre anche investire subito e per un lungo periodo in quelle opere infrastrutturali necessarie per mettere in sicurezza un territorio che nei prossimi anni dovrà affrontare eventi metereologici violenti. Il piano di interventi per il dissesto idrogeologico va attuato e i fondi a disposizione vanno spesi prestissimo e bene. Su questi temi l’impegno del governo è massimo.

Ma c’è un fronte internazionale aperto e più complesso, che è poi quello su cui si gioca la sfida globale dei cambiamenti climatici. Solo quell’intesa che finora è mancata per una riduzione delle emissioni che coinvolga tutti i grandi “emettitori” di Co2 potrà arginare il surriscaldamento globale. Se Cina e India, le cui emissioni sono in grande crescita, se gli Stati Uniti, che non hanno sottoscritto Kyoto, se il Giappone, che abbandonando l’opzione nucleare tornerà ai combustibili fossili, non saranno tutti parte di un accordo globale nessuna efficace strategia di contrasto ai cambiamenti climatici potrà essere efficace.

A noi europei, che ci siamo imposti limiti ambiziosi e su questa strada intendiamo perseverare anche per il futuro, il compito politico, ma anche “etico”, di essere promotori e facilitatori di una intesa globale che si faccia carico di un problema che potrà avere effetti devastanti sull’umanità.

 


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