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Ecco gli ostacoli italiani ai piani sviluppisti di Renzi illustrati a Hollande e Merkel

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’articolo del vicedirettore di MF, Antonio Satta, uscito sul quotidiano MF/Milano Finanza

Forse adesso si capirà che cosa veramente significa aver fatto entrare il Fiscal compact in Costituzione, ossia aver fissato nell’articolo 81 della Carta Costituzionale il principio del pareggio di bilancio.

IL PAREGGIO DI BILANCIO
Tutta la discussione intorno alla possibilità di utilizzare o meno i quattro decimali di punto di Pil necessari a coprire parte del taglio Irpef da 10 miliardi, ruota intorno a una regola europea che in realtà è già stata superata, quella del limite del 3% nel rapporto deficit/pil. È vero che dai patti di Maastricht in poi quel parametro rappresenta il livello, superato il quale, un Paese inevitabilmente finisce nell’onerosa procedura d’infrazione, con tutto quel che ne consegue (soltanto pochi mesi fa la Ue ci ha riammesso tra i partner virtuosi).

LIBERTÀ NEGATA
Ma procedura d’infrazione o no, la libertà di fluttuare all’interno di un livello di deficit inferiore al 3% non ci è più data. Il livello di deficit che conta per la politica italiana, da quest’anno in poi è lo 0. E se attualmente abbiamo un obiettivo del 2,6% è perché l’Europa ha concesso all’Italia un percorso di avvicinamento al pareggio di bilancio che non può essere modificato, a meno di un nuovo ed esplicito via libera. L’articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, che attua il principio del pareggio di bilancio ai sensi del nuovo articolo 81 della Costituzione, è chiaro: «Scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico sono consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali». Ed anche sull’identificazione di questi eventi non c’è molto da discutere. Sono considerati tali solo «a) periodi di grave recessione economica relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione Europea; b) eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese».

UN PERCORSO OBBLIGATO
Fissati i principi anche il percorso non concede margini. Qualora il Governo ritenga, al fine di fronteggiare uno di questi eventi, «discostarsi temporaneamente dall’obiettivo programmatico» (in questo caso il 2,6%) «sentita la Commissione europea», deve presentare «alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi». Non solo, «le risorse eventualmente reperite sul mercato», per l’operazione «possono essere utilizzate esclusivamente per le finalità indicate» nella richiesta di sforamento.

LA MODIFICA DELLA COSTITUZIONE
Percorso analogo è obbligatorio anche nel caso «il Governo intenda ricorrere all’indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie al fine di fronteggiare gli eventi straordinari». Dopo aver ceduto all’Europa la sovranità della politica monetaria, l’Italia, con il nuovo articolo 81 della Costituzione ha ceduto anche la sovranità della politica di bilancio. E il problema è che lo ha fatto modificando i principi costituzionali, quindi, legandosi definitivamente le mani.

IL SAGGIO DI GUARINO
Sulla legittimità di un tale passo il professor Giuseppe Guarino, decano dei costituzionalisti italiani, ha scritto molto, anche un recente saggio: «Cittadini europei e crisi dell’euro». Un testo che forse anche il premier troverebbe interessante. In fondo non ha appena detto di ritenere che «l’Europa abbia più bisogno dell’Italia di quanto l’Italia ha bisogno dell’Europa»? Magari parlando con Angela Merkel, potrebbe essere una buona considerazione da ritirare fuori.


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