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Renzi e il suo esercito dei 62

Rispolverando il decrepito, doroteo manuale Cencelli, questa volta in salsa rossastra, Matteo Renzi ha impiegato più tempo ad allestire la squadra del sottogoverno che a comporre il governo.

Impossibile disconoscere che gli appetiti umani vanno in qualche modo soddisfatti anche in tempo di rottamazione (o di autorottamazione, nel caso del “gran rifiuto” della componente lettiana). Ma questo obbiettivo rubare tempo ai lavori parlamentari forse ha un’altra spiegazione. Malgrado la meta dichiarata sia quella del 2018, termine normale della legislatura, probabilmente si teme che ci si stia premunendo per non improbabili elezioni anticipate e ravvicinate.

Grande e incontenibile lo sconquasso visibile nella variegata sinistra. Il grillismo nazistalinista è in piena implosione. Le sinistre del Pd e altri gruppuscoli interni gareggiano a non escludere clamorose uscite in funzione di nuove aggregazioni. Il senatore Corradino Mineo, per fare un nome, non nasconde il disegno di unificare tronconi piddini con tronconi grillini (espulsi o in via di separazione) e con tutta Sel (o parte significativa) per proporsi o come alternativa politica al renzismo (il che avrebbe pur sempre un senso) o addirittura, come altri insinuano, per costituirsi in terza sponda per Renzi, laddove questi decidesse di svincolarsi dal patto di sangue con Berlusconi, oppure di rendere ininfluente l’apporto di Alfano e truppe centriste al suo ministero.

Ciò che comunque emerge, in tal groviglio di ipotesi, retroscena, velleità, è che parecchi sinistri continuano a considerarsi il centro decisionale della politica, una razza sempiterna che non prevede una naturale estinzione e, semmai, crede nella propria reincarnazione; ovvero nel potere di un elisir di lunga vita che neppure Dulcamara immaginava così efficace e realistico. Per tutti costoro, indipendentemente da ciò che pensano o dicono, rendersi padroni di un piccolo territorio e farne la chiave della propria sopravvivenza a qualsivoglia mutazione politica, è l’unica fede possibile.

Alcuni dei neonominati nel sottogoverno godono buona reputazione. Speriamo s’impongano sul resto dell’esercito: non con buoni propositi – ormai tutti poco credibili – ma con fatti nuovi. Il recupero rivisitato del decreto Salva-Roma e l’aumento della Tasi (fra le più odiose delle misure fiscali) non sono proprio il massimo di innovazione, sicché l’inizio d’attività del governo delle grandi riforme rimane segnato da arretramenti, non da avanzamenti. Anche fra chi Renzi continua a incontrare stima e fiducia, un così poco eccellente avvio ha creato delusione e timori di un ripiegamento strategico, pericoloso per la vita stessa dell’esercito dei sessantadue, non proprio un record memorabile.



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