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Renzi, ritratto di un marziano a Roma

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Come grande lettore di giornali, e generoso consumatore di televisione, specie talk show politici, provo da qualche tempo una strana sensazione, ho continui imbarazzi, sono spesso aggredito da improvvise vampe di calore. Finora non ero riuscito a rappresentarlo ai lettori. Mi ha sbloccato l’incontro, casuale, con un amico psichiatra: mi ha raccontato di un comune conoscente colpito da una grave forma di disturbo dello spettro bipolare. Se ho capito bene, gli psichiatri individuano questo disturbo in una alternanza fra due momenti, «contro polari» appunto, dell’attività psichica: il suo eccitamento e, all’opposto, la sua inibizione.

DISTURBI POST RENZI

Da quando è comparso Renzi, noi analisti, noi giornalisti, penso gli stessi nostri direttori, stiamo vivendo in una specie di dissociazione continua, almeno così è per me. Se si leggono fra le righe i nostri pezzi giornalistici, si filtrano le trasmissioni tv, questa nostra incertezza psicologica viene a galla. Almeno per me, non come cittadino ma come analista, questa sindrome me la sento addosso, ogni giorno di più. Ascolto Renzi, i suoi ministri, i suoi fan, confesso di provare simpatia, a volte tenerezza, ma anche rabbia per la loro supponenza (la stessa dei montiani, per fortuna scomparsi), confesso di essere a disagio nell’ascoltare i discorsi di Renzi, sempre gli stessi, sempre più para-castristi (come durata). E trovo difficoltà a commentare, a scrivere di loro, temo di entrare nell’orrenda categoria dei gufi, temo che, per colpa mia, si blocchi la ripresa dei consumi che è lì dietro all’angolo, così che l’Europa si irriti con noi, resti un nemico e non più un’opportunità per i miei figli e nipoti. So che lui se ne farebbe subito una ragione, ma mi secca lo stesso.

IL DECLINO DI BERLUSCONI

Noi vecchi abbiamo dissipato la nostra vita di cittadini-sudditi subendo le stucchevoli strategie politiche di Berlinguer o Moro (con Craxi terzo incomodo), di Prodi o Berlusconi (con terzo incomodo lo Scalfaro o il Napolitano di turno), infine siamo stati definitivamente «annientati» dalla triade Monti-Draghi-Europa. Ora mi tocca assistere, umanamente dispiaciuto per lui, al triste declino di Berlusconi, che rifiuta di ritirarsi, costringendo la Magistratura ad abbatterlo, come fosse uno dei nove birilli del bowling.

RENZI IL MESSIA

I più ottimisti di noi, fra cui io, erano certi che qualcosa dovesse succedere, non poteva certo continuare così. Quando si candidò Matteo Renzi ci affrettammo a battezzarlo come messia. A pelle, lo valutai uno che ben riassumeva tutti gli altri leader che si erano succeduti, aveva il profilo ideale del politico nostrano: parlava come noi quando siamo al bar, era berlingueriano nei valori dichiarati, berlusconiano nel processo logico semplificato, grillino nella sintesi bartaliana («l’è tutto da rifare»), era europeista-goldmansachs-mckinsey-donciotti q.b., filo-obamiano, insomma un «furb da pais», come diciamo a Torino.

Finalmente uno che andava baldanzoso al potere, senza rendersi conto, o fingendo, che era uno «cooptato da nominati». Il sogno nascosto di ciascuno di noi.

UN FURB DA PAIS

Da quando Renzi ha promesso di «mettere nelle tasche» di 10 milioni di lavoratori 80 euro, noi della comunicazione siamo andati in crisi. Se uno di noi, uomo di mondo, non capiva come potesse essere coperta, veniva subito catalogato gufo. Prendiamo il tormentone del rapporto deficit/PIL che, in base agli accordi, non può superare il mitico 3%. È andato a Berlino e ha assicurato la Merkel che «l’Italia non sfo-re-rà il 3%», timido accenno di compiacimento della Cancelliera: il suo petto da tacchino s’impettì, così il nostro. Poi torna in Italia, e con fare sbarazzino: «Il deficit può salire, ma non oltre il 3%». Il giorno dopo in Parlamento, baldanzoso sentenzia: «Il vincolo del 3% è anacronistico». Un linguaggio da «furb da pais». Come possiamo spiegarlo ai lettori, se a noi non lo capiamo? Lo dico sottovoce, e senza alcuna polemica, taccia, prepari in fretta il decreto con coperture certe, così i gufi scompariranno, e noi professionisti seri non saremo più in imbarazzo.

TORMENTONE SPENDING REVIEW

Prendiamo il tormentone «Spending Review». Renzi in Parlamento garantisce 7 miliardi, mentre Cottarelli in Commissione parla di 3, qualche giorno dopo Cottarelli ipotizza che si può arrivare a 5, a condizione che il Governo si sbrighi: decida come e dove tagliare, proceda all’immediata «execution». Rieccolo in Parlamento, si lancia in un cazziatone anonimo (Cottarelli?), dichiara solennemente: «Sono solo io il decisore» («nulla di più ingannevole di un fatto ovvio», diceva Conan Doyle), senza spiegare però come e quando lo farà. Intanto, i «gufi ragionieri» sostengono che dei 10 miliardi impegnati la copertura effettivamente disponibile sia circa un miliardo (si può dire già stanziato da Letta?). Noi, che rifiutiamo il gossip politico, come lo spieghiamo ai lettori?

UN MARZIANO A ROMA

Suggerisco ai colleghi di tornare all’insuperabile «Un marziano a Roma» di Ennio Flaiano, che vidi a teatro nel 1960: «La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità. E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia».


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