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Ecco perché Corriere della Sera e De Benedetti bisticciano su Sorgenia e capacity payment

Ma che cos’è il capacity payment che sta facendo scaldare gli animi di quotidiani, esperti di energia, capitalisti e presunti poteri forti? Tutto nasce dal caso Sorgenia, da un articolo maliziosetto del Corriere della Sera e da una pacata, seppure di fatto piccata, risposta di Rodolfo De Benedetti. Tutto nasce, o quasi, dalla questione “capacity payment”.

CAPACITY PAYMENT, CHE COS’E’

Questa la formula anglosassone usata per indicare un contributo dato alle centrali tradizionali affinché non vengano chiuse, dal momento che ormai producono meno delle loro effettive potenzialità per via dello sviluppo delle rinnovabili, in modo da ripagarle per il solo fatto di esistere e di essere funzionanti. In questo modo potranno, al bisogno, fornire energia, mantenendo in equilibrio il sistema. Insomma una sorta di salvaguardia per non lasciare a secco di energia elettrica il Paese.

IL CASO SORGENIA

Su tutti, a poter usufruire del capacity payment potrebbe essere Sorgenia, la società elettrica del gruppo Cir guidata da Rodolfo De Benedetti, figlio di Carlo. Una società che ha accumulato debiti che pesano per 1,9 miliardi, con molte grandi banche (Mps la più esposta a esser coinvolte nelle perdite). Come se non bastasse, in cassa ci sono soldi per altre tre settimane. Dopodiché il rischio è il default. Ma, la questione dopo esser stata portata sotto i riflettori da un articolo di Massaro e Rizzo sul Corriere della Sera.

LA SICUREZZA DI SISTEMA

Ma cosa significa dare sicurezza al sistema? Quanto pesa il capacity payment sul sistema? La priorità di dispacciamento data alle rinnovabili, che in questo modo scalzano le fonti tradizionali, metterebbe a rischio gli impianti più “anziani” per 5.000 MW (Megawatt). Tradotto parliamo di circa 4 miliardi di euro. Gli impianti sono ovunque, a cominciare da quelli che producono meno o che addirittura stanno ‘fermi’. Già, perché lo sviluppo delle energie rinnovabili fa sì che gli impianti convenzionali lavorino poche ore l’anno con il pericolo di una “dismissione” anticipata (cosa che in alcuni casi sta già avvenendo).

COME FUNZIONA IL CAPACITY PAYMENT

Ecco allora che entra in gioco il capacity payment: cioè il riconoscimento dei costi per mantenere in vita quegli impianti che lavorano poco e che, però, quando servono entrano in gioco per dare “sicurezza” al sistema e fornire l’energia di cui ha bisogno. In Italia le rinnovabili sono al 30% complessivo ma nei momenti di picco possono arrivare anche al 70%; in questo modo non c’è posto per le centrali tradizionali ma vento e sole possono calare per cui le “vecchie” centrali servono a subentrare per garantire energia. Questi impianti devono essere mantenuti “aperti” per poter entrare in funzione quando le rinnovabili non possono produrre. In sostanza quando sole e vento non ci sono. Questi 5.000 MW altrimenti potrebbero esser chiusi perché non necessari.

CHI LO VUOLE E PERCHE’

Da Enel in giù, tutti i grandi gruppi (ma non solo), chiedono il capacity payment. Tralasciando l’aiuto che nel caso specifico potrebbe “servire” a Sorgenia, anche E.On – che tra l’altro sarebbe in cerca di un compratore per i suoi asset in Italia – non disdegnerebbe il “contributo”. Ha detto il presidente e ad di E.On Italia, Miguel Antoanzas: “Interventi a sostegno della capacità installata delle centrali tradizionali – aveva osservato Antoanzas nel corso di un’audizione al Senato – non sono aiuto di Stato. E’ solo una remunerazione che si dà a un impianto per essere disponibile quando serve, per garantire sicurezza al sistema, al pari degli incentivi che vengono dati alle rinnovabili”. L’ad di Enel Fulvio Conti, tempo fa, era stato ancora più chiaro dicendo che “gli impianti termoelettrici che garantiscono energia quando le rinnovabili non funzionano danno sicurezza al sistema ma hanno un costo che va pagato”. “Questi impianti – aveva aggiunto Conti – devono restare in vita perché non possiamo prevedere sole e vento; e perché garantiscono la sicurezza del sistema. Il costo degli obiettivi europei 20-20-20 – aveva osservato – è anche in impianti che stanno in servizio al 10%”.

I CALCOLI DI ASSOELETTRICA

Il vecchio capacity payment, per così dire, offre 150 milioni. Spiccioli. Secondo Assoelettrica ed Energia concorrente – che avrebbero fatto arrivare un dossier ad hoc nelle stanze dei bottoni, come riporta sempre il Corriere – “per tenerli a galla servono almeno 600 milioni l’anno fino al 2017”.

LA RISPOSTA DI DE BENEDETTI AL CORRIERE

La risposta di Rodolfo De Benedetti non si è fatta attendere dopo l’approfondimento del Corriere della Sera con l’articolo di Fabrizio Massaro e Sergio Rizzo. In una lettera al Corriere  invita a non fare confusione tra i due piani, quello politico e quello aziendale: “Mi spiace constatare che si cerchi in tutti i modi, per ragioni che fatico a comprendere, di creare un ‘caso politico’ su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziari”, afferma De Benedetti mettendo in evidenza che dal capacity payment sarebbero coinvolte “numerose” aziende “con centrali di dimensioni anche maggiori” di Sorgenia e che “la Legge di Stabilità prevede che tale misura non pesi in alcun modo sulle bollette”. Si tratta, osserva nella missiva al quotidiano di via Solferino, di “un meccanismo di remunerazione di un servizio necessario alla sicurezza del sistema elettrico”.

 

LE DIFFICOLTA’ DI SORGENIA

La società elettrica di De Benedetti, nonostante un parco centrali tra i più giovani in Italia, risente delle difficoltà che vive il sistema delle centrali a ciclo combinato. I motivi sono sia, come detto, lo sviluppo delle rinnovabili che la caduta della domanda. A pesare maggiormente su Sorgenia sono la forte esposizione verso gli impianti termoelettrici: 3.170 MW di potenza installata a fronte di circa 3.300 MW complessivi.

L’OPINIONE DI STAGNARO

Per Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, con la ‘farcitura’ politica si perdono di vista “le ragioni vere delle difficoltà di Sorgenia, sia dal più generale cambiamento di fase che sta travolgendo l’intero settore elettrico”. Stagnaro tira in ballo anche E.On che vorrebbe “abbandonare” l’Italia e l’ipotesi di un coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti. Ma sul caso Sorgenia viene anche evidenziata la “politica di espansione aggressiva”, quando per via dell’overcapacity non c’era proprio bisogno, e che oggi chiede il conto.

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