Domenica 23 febbraio un comandante ribelle siriano Khaled al-Suri, che in passato aveva combattuto al fianco di Osama bin Laden e che adesso agiva come rappresentante in Siria dell’attuale capo di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri, è stato ucciso da un attacco kamikaze ad Aleppo.
La sua morte, insieme a quella di altre sei persone, è stata provocata, secondo l’Osservatorio Siriano dei diritti umani, da un combattente dell’organizzazione denominata Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) che si è fatto esplodere nei pressi di Anhar al-Sham nell’area di al-Halq.
Il portavoce dell’ISIS, Akram al-Halabi, non ha confermato né smentito, ma ha precisato all’Associated Press che al-Suri era stato molto critico, in passato, nei confronti della sua organizzazione: in effetti, al-Suri aveva criticato particolarmente l’ISIS per aver fomentato le rivalità tra i vari gruppi ribelli siriani che avevano causato centinaia di morti. La morte di al-Suri potrebbe frazionare ulteriormente il fronte dei ribelli siriani che si oppongono al Presidente Bashar al-Assad.
Infatti, due giorni dopo, Abu Mohammed al-Golani, leader del potente gruppo Jabhat al-Nusra, ha lanciato un ultimatum di cinque giorni alla leadership dell’ISIS e alle altre organizzazioni associate, chiedendo loro di sottomettersi al giudizio di un comitato islamico o saranno espulsi dalla regione. Poco prima della scadenza dell’ultimatum, i combattenti dell’ISIS hanno cominciato a ritirarsi dalle zone settentrionali della Siria: secondo l’Osservatorio Siriano dei diritti umani, l’ISIS avrebbe già abbandonato Aazaz, il suo più importante caposaldo nella regione di Aleppo, così come i villaggi di Deir Jamal e Kafin, avendo paura di poter essere attaccati dagli altri gruppi ribelli nella regione in cui sono più deboli.
Nel frattempo le forze governative siriane, approfittando della confusione all’interno dello schieramento ribelle, stanno continuando a guadagnare terreno: l’esercito ha dato vita ad una serie di operazioni contro le posizioni ribelli nelle aree di al-Sahel, Mushrifeh e Rima, circondando l’area di Yabrud, un importante punto sulla strada che congiunge Damasco a Homs e alle città costiere. Nelle vicinanze di Damasco, ad al-Ataibeh, le truppe governative hanno teso un’imponente imboscata ai danni dei combattenti islamisti, uccidendo 175 ribelli, appartenenti, secondo l’agenzia di Stato Sana, ai gruppi al-Nusra e Jaish al-Islam, e provenienti principalmente da Arabia Saudita, Qatar e Cecenia.
Nonostante i tentativi del governo siriano di mettere in sicurezza l’area al confine con il Libano, questa zona rappresenta un forte motivo di frizione tra governo siriano, ribelli ed Israele. Il confine viene utilizzato dal gruppo sciita libanese di Hezbollah, che sostiene Assad, per movimentare persone ed armi, ma, allo stesso tempo è frequentato da gruppi ribelli che nella zona di Qalamoun hanno uno dei principali bastioni della resistenza. Proprio nella giornata di venerdì 28 febbraio jet siriani hanno lanciato una serie di attacchi coordinati nell’area, miranti a chiudere ogni possibilità di rifornimento all’area di Qalamoun, adiacente al confine con il Libano.
I movimenti di Hezbollah sono, naturalmente, guardati con sospetto da Israele: una serie di raid dell’aviazione israeliana hanno colpito proprio quest’area di confine tra Libano e Siria, con l’obiettivo di neutralizzare una base missilistica di Hezbollah vicino Nabi Sheet, un villaggio remoto nella valle di Beqaa. Hezbollah ha confermato l’attacco dicendo che non ha avuto ripercussioni né feriti e precisando che avrebbe deciso come e quando rispondere.