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Crisi ucraina, tutti i nodi giuridici del referendum in Crimea

Con il voto referendario del 16 marzo scorso, la Crimea – che ha già firmato l’annessione a Mosca – ha ufficialmente optato per il ricongiungimento con la Russia così come auspicato dal presidente russo Vladimir Putin. Successivamente, il parlamento della Repubblica autonoma di Crimea (così denominata dalla costituzione ucraina) ha ufficializzato la richiesta di annessione, accolta dal parlamento russo con una legge votata lunedì.

La vicenda ha molteplici piani d’analisi. Ciononostante, la domanda che molti si pongono riguarda la validità o meno del referendum e cioè la legittimità della secessione della penisola dallo stato ucraino. La materia, attiene al diritto interno ucraino più che al diritto internazionale, seppure non va sottovalutata la portata di quest’ultimo come uno degli strumenti utilizzabili dalla comunità internazionale per frenare le violazioni perpetrate dalla Russia.

LE QUESTIONI FONDAMENTALI
Da un punto di vista giuridico, un’analisi compiuta presuppone tre questioni fondamentali: la prima, già anticipata, concerne la validità dello stesso referendum; la seconda riguarda il diritto di autodeterminazione della Crimea e la terza le violazioni del diritto internazionale perpetrate da Mosca.
La costituzione ucraina considera la Crimea come parte integrante del proprio del territorio. L’articolo 29, infatti, pur sancendo l’autonomia amministrativa della penisola, ne sottolinea l’appartenenza al territorio ucraino la cui integrità viene definita “inviolabile”. L’inviolabilità altro non può voler dire se non l’assoluto controllo del governo centrale (e degli organi sovrani) sulle eventuali modificazioni territoriali. Inevitabile conseguenza è il coinvolgimento di tutto lo stato ucraino nella decisione su eventuali modificazioni territoriali. Sebbene l’autonomia della Crimea è ampia, essa non può essere interpretata nel senso di una determinazione unilaterale della propria sorte, quindi una consultazione referendaria legittima avrebbe dovuto coinvolgere l’intera popolazione ucraina o quantomeno sarebbe stato necessario un voto del parlamento centrale.

L’AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI
L’inviolabilità del territorio ucraino è stata contestata utilizzando l’argomento dell’autodeterminazione dei popoli ovvero la possibilità che una minoranza possa optare per la secessione anche unilateralmente. In realtà, siffatta interpretazione del principio di autodeterminazione è fallace. Se avallata essa porterebbe a concludere, ad esempio, che la minoranza di lingua tedesca del Sud Tirolo in Italia potrebbe in qualunque momento esprimere una dichiarazione d’indipendenza che, comunque, avrebbe bisogno di alcuni requisiti sostanziali (controllo del territorio da parte degli organi dichiaranti e effettività di governo) e formali (dichiarazione da parte dell’organo che controlla il territorio) per poter essere considerata valida. La confusione che spesso si fa tra il principio di tutela delle minoranze e il principio di autodeterminazione porta a conclusioni del tutto errate. Come ha ricordato la Corte Suprema del Canada nel parere sul referendum per la secessione del Québec del 1998, il diritto all’autodeterminazione può riconoscersi soltanto in presenza di oppressione o di gravi violazioni dei diritti umani che comportano anche l’esclusione dalla vita economica, politica e sociale dello stato di appartenenza. L’oppressione (anche con la presenza di eserciti stranieri sul proprio territorio) è un requisito fondamentale e, a quanto ci risulta, non sembra che i cittadini della Crimea (russi o tatari che fossero) vengano oppressi o esclusi da una piena partecipazione economica, politica o sociale dallo stato ucraino.

IL DIVIETO DELL’USO DELLA FORZA
Infine, il rispetto del diritto internazionale si concreta nel divieto dell’uso della forza. Come ha spiegato lo stesso Vladimir Putin in un editoriale apparso sul New York Times lo scorso settembre, quando si paventava l’idea di un attacco militare congiunto USA-Gran Bretagna alla Siria, il divieto dell’uso della forza è un cardine del diritto internazionale che andrebbe sempre rispettato. Ma in cosa consiste questo divieto? In breve: la previsione dell’articolo 2 paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite non specifica quali fattispecie siano identificabili come “uso della forza” internazionale. A chiarire questo punto contribuisce, però, la Dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla Definizione di Aggressione (UNGA res. 3314/1974), la quale individua tra le fattispecie anche il movimento di truppe oltre il confine di uno stato sovrano. Il posizionamento di truppe russe in Crimea oltre il limite stabilito dagli accordi per l’utilizzo della basi di Sinferopoli e Sebastopoli può, a ragione, essere considerata come un’aggressione alla sovranità dell’Ucraina. Inoltre, indurre a votare un referendum con una presenza massiccia di soldati sul territorio della Crimea potrebbe anche configurare una violazione del principio di non ingerenza negli affari interni degli altri stati, principio cogente del diritto internazionale. Va ricordata, poi, la violazione degli accordi di Budapest del 1994 ratificati da Mosca e con i quali la Russia si è impegnata al riconoscimento dei confini Ucraini, comprendenti anche la Crimea.

DUBBIA LEGITTIMITÀ
Concludendo, la legittimità del referendum del 16 Marzo scorso è dubbia perché esiste un forte contrasto con quanto previsto dalla Costituzione ucraina. Perciò, tutto l’impianto che ne è seguito con la dichiarazione di annessione e la legge votata dal parlamento russo, non possono considerarsi come una valida formazione del consenso tra le parti poiché viziati dalla violazione della Costituzione ucraina. Peraltro, il parere della Corte di Giustizia Internazionale sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2010 evita accuratamente di parlare del concetto di autodeterminazione dei popoli, avendo riguardo soltanto di specificare che la dichiarazione è formalmente valida nel caso del Kosovo per l’esistenza del requisiti di effettività dell’organo dichiarante, effettività (intesa come pienezza dei poteri di governo sul territorio in questione appartenente al governo centrale ucraino) che manca nel caso della Crimea.

L’AZZARDO RUSSO
Da ciò può dedursi che la mossa della Russia ha costituito un azzardo giuridico al quale la comunità internazionale sta tentando di reagire con sanzioni molto blande (vedi le conclusioni del Consiglio Affari Esteri dell’UE del 17 Marzo scorso) ma senza risultati di rilievo, ossia senza la possibilità di frenare l’azione russa a meno di un’escalation molto poco auspicabile.

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