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Ecco perché la Borsa ha brindato per i numeri di Unicredit

È andato in scena il solito copione ieri in Borsa a Milano, con il titolo di Unicredit che in Borsa volava (+6%) sull’annuncio di tagli e pulizia dei conti. Eppure la banca nel solo quarto trimestre del 2013 ha perso 15 miliardi di euro, per via dell’aumento degli accantonamenti sui crediti e della svalutazione degli avviamenti. “Due buone notizie, la prima migliora la qualità dell’attivo aumentando il livello di copertura sui crediti e la seconda, seppur legata a una partita immateriale, toglie incognite che avrebbero potuto pesare sui conti, soprattutto nel caso il ciclo economico sia destinato a rimanere debole”, spiega un trader.

I NUMERI

Il rosso dipende in effetti dalla decisione del gruppo bancario di concentrare nell’ultima trimestrale una massiccia pulizia dei conti, con la completa svalutazione dell’avviamento allocato a Italia, Cee e Austria (residuano 3,5 miliardi su altre attività). In particolare, sono state effettuate rettifiche di valore per 9,3 miliardi e 7,2 miliardi aggiuntivi di accantonamenti su crediti che hanno portato il totale del trimestre a 9,3 miliardi (e a 13,7 miliardi nell’anno). Inoltre, sono stati contabilizzati 699 milioni di oneri di ristrutturazione, “nell’ambito di un piano più ampio per ridurre l’organico di circa 8.500 unità”, di cui 5.700 in Italia.

I RATIO

La decisione strategica dell’istituto riporta al 52% il cash coverage ratio, “livello pre-crisi di gran lunga il più elevato in Italia e in linea con i migliori in Europa”. Sempre nel quarto trimestre, Unicredit ha contabilizzato in conto economico un beneficio di 1,2 miliardi di plusvalenza netta dalla rivalutazione della quota detenuta in Banca d’Italia. In caso di valutazione a patrimonio netto, la perdita netta di gruppo sarebbe stata più elevata per pari importo. A fine 2013, il Common equity Tier 1 ratio era al 10,4% (al 9,4% anticipando gli effetti di Basilea 3) e l’istituto ha escluso la necessità di un aumento di capitale.

I RIMBORSI

Nel corso dell’anno, Unicredit ha rimborsato complessivamente 5 miliardi di euro di Ltro, riducendo a circa 21 miliardi l’importo ancora dovuto alla Bce. “Entro i prossimi mesi rimborseremo progressivamente tutto l’ammontare e arriveremo a zero prima della scadenza naturale”, ha dichiarato l’ad Federico Ghizzoni in conferenza stampa.

I SEGNALI DI INVERSIONE

Nell’intero 2013 i ricavi sono ammontati a 23,97 miliardi, in calo del 4,1% sul 2012. Nel solo quarto trimestre, invece, il gruppo ha incassato 5,97 miliardi, con una crescita del 5,2% rispetto allo stesso periodo del 2012 e del 5,8% sul precedente trimestre.
Il margine operativo lordo a 2,1 miliardi nel trimestre mostra i primi segnali di ripresa con un incremento del 2,7% annuo e dell’1,1% trimestrale. Sul mol dell’intero esercizio, che si è attestato a 9,2 miliardi (-9,9% rispetto al 2012) hanno pesato le dinamiche reddituali negative in un contesto economico difficile.
Ancora, i crediti deteriorati netti si attestavano a 39,8 miliardi a dicembre 2013, in calo del 124% su base trimestrale dopo gli accantonamenti aggiuntivi decisi nel quarto trimestre, con un rapporto crediti deteriorati netti sul totale dei crediti al 7,9% (-76 punti base rispetto a settembre). I crediti deteriorati lordi erano pari a 82,4 miliardi (+0,1 miliardi su base trimestrale) e le sofferenze lorde erano pari a 47,6 miliardi (+3,8% trimestrale).

IL FUTURO

Nel piano industriale, il gruppo prevede di realizzare ricavi, escludendo il portafoglio segregato di crediti non core, di 24,8 miliardi di euro nel 2016 e di 28,4 miliardi nel 2018, con una crescita media annua del 5%. I costi dovrebbero passare dai 13,7 miliardi del 2013 a 14,1 miliardi nel 2016 e nel 2018 (+1% la crescita media annua). Così il rapporto tra costi e ricavi si attesterà, dal 61% del 2013, al 59% del 2016 e al 51% nel 2018. Gli impieghi dovrebbero passare da 488 miliardi del 2013 a 521 miliardi nel 2016 e a 552 miliardi nel 2018.

LE PAROLE DI GHIZZONI

“Sono molto soddisfatto delle decisioni che abbiamo preso. Credo che con oggi il gruppo volti decisamente pagina e si proietti in un periodo completamente nuovo, focalizzato sulla crescita dei ricavi, sugli investimenti e sulla profittabilità”, così l’amministratore delegato Federico Ghizzoni che ritiene che ora “le fondamenta sono robuste”. “Siamo decisamente sulla strada giusta, anche se nessuno si illude che sia facile”.

FINECO IN BORSA

E nel corso della conferenza stampa, Ghizzoni ha parlato anche dell’Ipo di Fineco che dovrebbe essere completata “più o meno a giugno-luglio”. L’ad non ha aggiunto altri particolari, nemmeno su quale percentuale del capitale della controllata andrà sul mercato, limitandosi a dire che si tratterà di una quota di minoranza. Secondo indiscrezioni di stampa circolate in precedenza questa minoranza sarebbe tra il 25 e il 30%. “È una quota di minoranza e il processo parte oggi. Siamo alle primissime battute”. In quanto ai benefici attesi da tutte le operazioni di valorizzazione annunciate nel quadro del piano strategico al 2018, Ghizzoni ha precisato che “l’unico numero che abbiamo comunicato e che diremo al mercato anche in futuro è che ci attentiamo di liberare con queste operazioni 30 punti base di capitale”.

BAD BANK?

È ancora valida l’ipotesi di creare un veicolo comune tra Unicredit, Intesa Sanpaolo e il fondo privato americano Kkr per la gestione dei crediti problematici. Intanto, Unicredit ha istituito un portafoglio non core per segregare i segmenti di business ritenuti non strategici, all’interno dei quali risiedono 87 miliardi di crediti lordi, di cui il 67% deteriorati. “L’obiettivo è quello di ridurre i crediti deteriorati netti in Italia dal 12,4% nel 2013 al 6,7% alla fine del 2018”, ha spiegato Ghizzoni.

I COMMENTI

“Non ho i dettagli delle scelte operate da Unicredit, quindi posso dare solo una valutazione di carattere generale. Penso che ogni decisione che porti a consolidare i bilanci sia positiva”. Lo ha dichiarato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, all’agenzia Il Sole 24 Ore Radiocor. Non ci stanno invece i sindacati, che compatti, usano parole di fuoco riguardo i tagli.
“Prevedere una riduzione dell’ organico di circa 8.500 unità, di cui oltre 5.700 in Italia è inaccettabile e sproporzionato – scrive in una nota Ugl Credito – Non possiamo più accettare che a pagare siano sempre i lavoratori, invece di ragionare seguendo la logica dei tagli, bisognerebbe mettere in atto strategie volte principalmente ad implementare i ricavi”.
I tagli annunciati da Unicredit “ci portano a chiedere conto all’ intero management di come sia stato possibile un risultato così negativo – ha detto il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale – e di come si sia resa necessaria una pulizia di conti di queste dimensioni, tra svalutazione degli avviamenti e rettifiche su crediti”. Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario nazionale della Fiba Cisl, Pier Luigi Ledda, secondo cui “il vero rimedio è quello di realizzare un nuovo modello di banca in grado di essere motore di crescita… l’annuncio di Unicredit rappresenta un inaccettabile passo indietro”.

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