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Veneto, Lombardia e la rivolta annunciata del terzo Stato

L’esito plebiscitario del referendum virtuale del Veneto per la secessione e quello annunciato di Regione Lombardia per il suo riconoscimento di regione a statuto speciale, sono i segnali di un’ inquietudine sociale foriera di sviluppi imprevedibili.

Aldo Canovari, con una lettera al Foglio del 28 Febbraio scorso, ha descritto in maniera esemplare  la nuova stratificazione sociale e di classe della società italiana, partendo dalla constatazione che: “non esiste in realtà un soggetto socio-economico che possa chiamarsi “Italia”. Esistono almeno tre Italie, e ben diverse tra loro:

– La prima è quella costituita da una cupola di privilegiati (grosso modo, in base ai parametri di calcolo adottati, circa 500 mila – 1.000.000 di persone), che occupano posti elevati in organismi pubblici centrali o territoriali di natura politica, giudiziaria, amministrativa, posti super-retribuiti e per di più sicuri e garantiti. E’ quella stessa cupola che nel corso degli ultimi decenni ha realizzato sperperi e folli deficit.

– La seconda è costituita dal gran numero dei dipendenti pubblici di livello medio-basso, i quali sono pagati poco, costretti spesso, contro la loro volontà, a non essere produttivi, il cui privilegio (non trascurabile) è quello della sicurezza del posto, unita spesso alla gratificazione di poter esercitare un qualche potere sui cittadini privati.

– La terza è costituita da quei tanti cittadini che producono effettivamente ricchezza (piccoli e medi industriali, artigiani, commercianti, professionisti, chi svolge un’attività autonoma in genere e i milioni di individui che lavorano alle loro dipendenze).

Tutti costoro operano nelle condizioni di rischio tipiche di ogni attività privata mediopiccola: fallimento se imprenditori; perdita del lavoro-licenziamento se dipendenti. Li potremmo chiamare, ricorrendo a un’analogia non troppo forzata con la situazione dell’Ancien régime intorno agli anni 1760-1786, membri servili della società, soggetti alla cosiddetta taglia reale, in quanto sudditi di rango inferiore.”

Quanto ai primi, grosso modo la nuova casta dei privilegiati, sono quelli che con più forza si oppongono al mutamento dello status quo, da cui ricavano sicurezza e privilegi di ogni sorta.

La recente sortita di Moretti, AD di Trenitalia, è la dimostrazione di come cambi la mentalità degli uomini quando, grazie alla politica e/o al sindacato, oltre alle loro personali doti, salgono nella scala della mobilità sociale, dal rango di operatori sindacal-politici a quello di manager di aziende di stato dai compensi n- volte superiori a quello del Presidente della Repubblica o del Capo del governo.

E’ la prima grande struttura socio-politico e amministrativa su cui usare il bisturi di una chirurgica operazione di disboscamento e allineamento delle competenze, funzioni e retribuzioni a quello che Adriano Olivetti, nella sua utopia di “Comunità” indicava come il massimo da riconoscere ai manager: non più di dieci volte lo stipendio dell’ultimo dei suoi impiegati.

Ovviamente nel caso dei parlamentari si tratterà di rivedere anche  gli emolumenti attuali di uscieri e commessi che hanno raggiunto livelli che gridano vendetta agli altri soggetti del secondo e terzo stato.

Operare sul primo livello, quello della casta, significa una rivoluzione dell’assetto  istituzionale dello Stato, che solo un’assemblea costituente da convocare a tamburo battente potrà realizzare, se si vogliono evitare soluzioni violente, i cui segnali sono presenti nel corpo sociale dell’Italia.

La situazione dei componenti del secondo livello andrebbe affrontata con due provvedimenti strettamente connessi, al fine di garantire l’accesso ai diversi ruoli delle persone effettivamente capaci e meritevoli, in grado di mantenersi tali lungo il loro lavoro, e per garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge:

a)     eliminazione del ruolo con posto fisso nella PA, espressione di un’esigenza di stabilità della burocrazia propria di una società rurale a misura di Policarpo De Tappeti, del tutto anacronistica nella nuova realtà tecnotronica a frenetica evoluzione e mutamento;

b)     estensione ai dipendenti pubblici della stessa tutela garantita ai lavoratori del settore privato con lo statuto dei lavoratori.

Chi non può più tollerare gli abusi e i privilegi del primo stato e le garanzie in molti casi incomprensibili del secondo, sono proprio coloro che appartengono al terzo stato di cui scrive Canovari. Il loro grado di intolleranza è giunto al limite della sopportazione e quanto è accaduto nel Veneto e accadrà in Lombardia, sono solo i segnali anticipatori di  un moto sociale popolare che finirà con il coinvolgere ampi strati della società italiana. In definitiva la parte che contribuisce in materia decisiva a mantenere i privilegi della casta e l’inamovibilità del secondo stato.

Qui, condividendo la tesi di Canovari, non si tratta di ghigliottinare delle teste, anche se i garruli e imprudenti Moretti faranno bene a levarsi dalle sedie che occupano se si sentono sottopagati, quanto piuttosto ghigliottinare i privilegi e i diritti acquisiti che non sono più compatibili con la situazione sociale, economica, finanziaria e  politica dell’Italia.

O lo facciamo pacificamente per via istituzionale e amministrativa con una nuova assemblea costituente o saranno soluzioni radicali violente quelle cui ci dovremo preparare ad affrontare.

Resta grande come una montagna il tema dell’imposizione fiscale e della sua evasione, alla vigilia di una rivolta ormai prossima al suo manifestarsi. Di questo scriveremo in un prossimo articolo.

Ettore Bonalberti

www.lademocraziacristiana.it

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