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Un applauso per Padoan

Il tempo delle magie parolaie forse sta per scadere. E i fuochi pirotecnici dell’illusionismo iniziano a lasciare il passo a questioni serie da non eludere in attesa che passi la nottata.

Dopo le giaculatorie per l’adorazione dei trattati europei, sul rispetto degli obiettivi del Fiscal Compact e sull’accettazione dei tempi e dei modi dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil, è giunta l’ora del realismo.

Ieri il ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, nelle riunioni informali dei ministri finanziari dell’Eurogruppo e dell’Ecofin ad Atene, ha ricordato che “nell’apparato di sorveglianza a livello europeo ci sono margini che legano lo sforzo di riforme strutturali che un Paese mette in campo, e le condizioni eccezionali relative al livello del debito, alla possibilità di modulare i tempi dell’aggiustamento strutturale, non la direzione”.

In pratica, il governo vorrebbe più tempo nella riduzione del debito in relazione ai parametri del Fiscal compact. Ovvero: non possiamo permetterci manovrone da 50 miliardi di euro e passa dal 2016 per rispettare il vincolo di ridurre ogni anno di un ventesimo la parte che eccede il 60 per cento del rapporto debito/Pil.

Ben detto, Padoan.

Perché quelle stangate se possono far gioire i soloni di Francoforte e di Bruxelles avrebbero un sicuro effetto: far stramazzare le economie.

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