Le parole festose, e pure un po’ beffarde, del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, sono troppo enfatiche. Certo, la notizia dell’offerta di Etihad per rilevare fino al 49% di Alitalia, giunta oggi ai vertici del vettore guidato dall’ad, Gabriele Del Torchio, è positiva. Ma la notizia non deve offuscare i problematici passi che attendono la società italiana.
Infatti la compagnia emiratina, come aveva sottolineato Fabio Scacciavillani a Formiche.net, di certo non si svena per rilevare le quote di Alitalia, visto lo stato prossimo al fallimento della società presieduta da Roberto Colannino.
La novità principale che ha sbloccato l’invio dell’offerta da parte della società degli Emirati è che Intesa e Unicredit hanno di fatto accettato lo stralcio del credito per Alitalia. Siamo pronti a convertire in azioni i 400 milioni di debito – è stato il ragionamento delle due banche – se ci sarà una risposta da parte di tutto il sistema Italia. Risposta, pare di capire, che il governo ha fornito. Ma al di là delle tattiche, le banche sono quelle che hanno più da perdere se ci sarà un fallimento dell’operazione.
Sul tema della manleva la strada sembra meno accidentata. Le banche avrebbero disinnescato i timori degli arabi che, è noto, non vogliono sentir parlare dei contenziosi legali e fiscali del passato. La soluzione individuata, salvo ripensamenti dell’ultima ora, sarebbe quella di un fondo rischi da costituire ad hoc per neutralizzare eventuali dispute.
Resta infine, ma non per ultimo, il nodo dei sicuri esuberi di personale. Sarà chiamata in soccorso Poste? O il governo sta escogitando qualche misura ad hoc? Si vedrà.
Il bivio ormai è chiaro per Alitalia: fallimento o rotta araba. Si evitino, dunque, troppi brindisi, grazie.
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